sabato 13 maggio 2017

Le parole sono pietre

Titolo: Le parole sono pietre
Autore: Carlo Levi
Anno di pubblicazione: 1955
Genere: saggio
Recensione di: Chiara Bortolin



Così questa donna si è fatta, in un giorno: le lacrime non sono più lacrime, ma parole, e le parole sono pietre. Parla con la durezza e la precisione di un processo verbale, con una profonda assoluta sicurezza, come chi ha raggiunto d'improvviso un punto fermo su cui può poggiare, una certezza: questa certezza che le asciuga il pianto e la fa spietata è la Giustizia.

Che la mafia esista, oggi, è una verità condivisa, almeno nella sua lapidaria sintassi. La mafia esiste. Che cosa sia la mafia è ancora motivo di interessate speculazioni o di codardi dinieghi. Serviva però una penna presa in prestito dalla pittura perché la parola mafia potesse avere la dura e straordinaria sintesi della poesia. 
Le parole sono pietre. il titolo è in sé già emblematico. Nella sua semplicità raccoglie tutte le verità che nei racconti, nonché nella prefazione, sono contenute. Le parole che sono state spese per nascondere verità evidenti, per raccontare menzogne o peggio, per dire e non dire, per seppellire nelle sfumature nelle sfumature di significati adamantini. Ma le parole, diverse, eppure uguali, sono le stesse usate per sussurrare le cristalline e coraggiose verità, per lasciare intendere nelle frasi sospese o per gridare a gran voce che la mafia esiste. Le parole così effimere eppure così pesanti, così vuote di significato nel luogo comune eppure così drammatiche nel significato individuale.
Poi, le pietre. Che a pensarci, una pietra è proprio un nulla, un oggetto comune, senza alcun fascino, che per avere un qualche significato deve metterci mano l’uomo. Ci vuole un Michelangelo per fare di una pietra bianchiccia un Mosè! Ci va un muratore per fare di una pietruccia grigia una casa. E senza un gemmologia un diamante non sarebbe che un sassolino da gettare nel lago per vederne i cerchi in superficie.
Ma se queste pietre vengono prese e gettate addosso, ecco questo nulla diventa un’arma e così le parole.
Se prese queste parole e gettate come pietre diventano una lapide su cui altre parole offendono o esaltano la verità.
Ci vuole un poeta per vedere la bellezza della verità nella durezza delle parole scagliate in faccia a chi con le parole ci mangia. Le pietre che descrive Levi sono la miseria dei contadini siciliani, traditi da una Riforma più decantata che realizzata; la sfrontatezza di un feudalesimo che del casato mantiene sono il titolo, quasi sempre privo di nobiltà; ma anche il dolore di chi, per una parola che esiste, con un significato negato, di mafia muore.
La mafia esiste e già all’epoca Levi ne aveva intuito  le genesi antica, le ragioni attuali e le dinamiche complesse. Levi ha tanti meriti, come pittore e come scrittore, ma tra tanti, con questi scritti, spicca l’aver levigato le parole per rendere pietre miliari della verità.

Le parole sono pietre. Se il concetto non fosse chiaro, se qualcuno avesse ancora voglia di fare cumuli di se e di ma, di seppellire le verità scomode sotto macigni di retorica, legga le parole di che sono nomi, che sono storie, che sono lapidi.

Dedica

Ad Andrea, certo che 'l trapassar dentro è leggero