sabato 25 febbraio 2017

Da te solo a tutto il mondo

Titolo: Da Te solo a tutto il mondo
Autore: Jared Diamond
Anno di pubblicazione: 2014
Genere: Saggio
Recensione di: Chiara Bortolin


La forbice tra le economie nazionali è un aspetto fondamentale della geografia del nostro pianeta. Perché esistono paesi ricchi e paesi poveri? 


Devo ammettere che il titolo potrebbe sembrare fuorviante, potrebbe lasciar vagare la fantasia verso orizzonti sentimentali di basse lega o peggio ancora a una pedagogia da borsetta. Niente di più di verso dal contenuto del libro, che raccoglie sette lezioni tenute dall’Autore presso l’università Luiss di Roma. 
Il tema trattato, come si può desumere dalla citazione, è la disparità tra paesi ricchi e paesi poveri e, a dispetto della sua gravità intrinseca, l’analisi viene esposta in modo leggero e piacevole.
In poco più di cento pagine l’Autore ci offre una gustosa analisi di sette temi cruciali per comprendere le cause delle disparità. E chiaro che il testo, come le lezioni, non ha la presunzione di esaurire un argomento così complesso, né fare una cronistoria. 
L’obiettivo di Diamond è piuttosto offrire degli spunti tematici e metodologici affinché il lettore possa poi muoversi autonomamente nell’approfondimento e nella riflessione.
Si può leggere il primo capitolo, in cui propone un elenco di parametri che influiscono sulla ricchezza di uno Stato, e ragionare su ogni tema singolarmente. Ogni lettore può comprendere come la geografia o la storia di uno stato siano parametri fondamentali nello sviluppo dell’attività economica. E’ interessante avere una visione di insieme, che ha una sua ratio nella generalità, in quanto strutturale.
Si può leggere il capitolo sulla Cina, il cui nome evoca speranze e inquietudini, ma di cui talvolta non si ha presente la dimensione complessiva.
e lezioni si rivolgevano a studenti universitari, il libro si rivolge a un pubblico più ampio, ma non esperto.Da questo punto di vista è apprezzabile il lavoro di Diamond che, a differenza di troppi docenti universitari, sale in cattedra per dare strumenti e non verità preconcette.
Nell’epca in cui tutti pretendono di essere esperti, costringendo talvolta chi lo è davvero a posizioni oscurantiste, l’amore ricorda che la leggerezza non è semplificazioni, che le idee non sono monoliti e che la verità è un processo di ricerca e non un processo da talk show.
Dopo aver letto questa gradevole introduzione al tema, viene voglia di affrontare il testo per cui Daimond è arrivato alla ribalta Armi, Acciaio e Malattie, del 1997, che gli valse il Pulitzer.
Può sembrare strano che uno scienziato, un ornitologo, come il sottotitolo e le biografie lo definiscono, si cimenti in un’analisi che ha tutto l’aspetto di uno studio umanistico. Io trovo, lo dico da umanista, molto interessante questa commistione di interessi, che ribadisce un carattere libertario della cultura, una forma di sua democraticità intrinseca, un irrefrenabile desiderio di andare oltre i limiti di ciò che è noto, 
A questo punto verrebbe naturale fare un excursus sul concetto di confine, come limite e come oltre, ma per questo rimando a Da te solo a tutto il mondo, che offre ampi e piacevoli orizzonti, non solo geografici.


sabato 11 febbraio 2017

Se

Titolo: Se
Autore: Rudyard Kipling
Anon di pubblicazione: 1895
Genere: Poesia
Recensione di: Chiara Bortolin



Se riesci a non perdere la testa quando tutti
Intorno a te la perdono, dandone la colpa a te.
Se riesci ad avere fiducia in te stesso, quando tutti dubitano di te,
Ma anche a tenere nel giusto conto il loro dubitare.
Se riesci ad aspettare senza stancarti dell’attesa,
O essendo calunniato, a non rispondere con calunnie,
O essendo odiato, a non abbandonarti all’odio
Pur non mostrandoti troppo buono, né parlando troppo da saggio.
Se riesci a sognare senza fare dei sogni i tuoi padroni,
Se riesci a pensare, senza fare dei pensieri il tuo fine;
Se riesci, incontrando il Trionfo e la Sconfitta
A trattare questi due impostori allo stesso modo.
Se riesci a sopportare il sentire le verità che hai detto
Travisate da furfanti che ne fanno trappole per sciocchi,
O vedere le cose per le quali hai dato la vita, distrutte,
E chinarti e ricostruirle con i tuoi strumenti logori.
Se riesci a fare un cumulo di tutte le tue vincite
E a rischiarlo tutto in un solo colpo a testa o croce,
E perdere, e ricominciare dall’inizio
Senza dire mai una parola su ciò che hai perso.
Se riesci a costringere il tuo cuore, i tuoi nervi, i tuoi tendini
A sorreggerti anche dopo molto tempo che non te li senti più
E di conseguenza resistere quando in te non c’è niente
Tranne la tua Volontà che dice loro: “Resistete!”
Se riesci a parlare con le folle mantenendo la tua virtù
O a passeggiare con i re senza perdere il senso comune,
Se né nemici, né affettuosi amici possono ferirti;
Se tutti gli uomini per te contano, ma nessuno troppo,
Se riesci a riempire l’inesorabile minuto
Con un momento del valore di sessanta secondi,
Tua è la Terra e tutto ciò che è in essa,
E, quel che più conta, sarai un Uomo, figlio mio!


Se hai a che fare con dei minori e sei un essere senziente, il che naturalmente non coinvolge ogni esemplare di homo sapiens sapiens, sei portato a chiederti con una certa qual frequenza cosa sia giusto trasmettere al cucciolo di specie umana in attesa di una tua risposta.
E’imbarazzante, lo ammetto serenamente, da membro di una generazione di insicuri ansiosi disorientati, scoprire che un bambino, un ragazzino, si aspetti che tu sappia cosa fare. Proprio tu che della tue vita hai fatto un aeroplano di carta lanciato il divano del precario! Proprio tu che lo hai messo al mondo sperando di mettere un punto fermo nella tua vita e ora ti trovi un punto di domanda! Tu che non capendo quale fosse il tuo problema, ti sei scagliato come una freccia a centrare i problemi degli altri.
Mai come in questi anni si è sentito parlare di educazione e si è raccolto così tanto smarrimento. Sembra anzi una relazione inversamente proporzionale: meno si è capaci di fare di un bambino un uomo e più ci si a scrivere teorie, metodologie, guide pratiche! 
Poi ti capita per le mani una vecchia poesia e ti torna in mente una locuzione semplice, andata in disuso, Buon Senso
La poesia di Kipling è una lettera in versi che un padre scrive a suo figlio. Il caso vuole che questo padre sia anche un Premio Nobel per la Letteratura e che quindi, se avesse voluto, avrebbe avuto tutti i mezzi per sciorinare parole e precetti! invece, no. 
Kipling sceglie parole di uso comune per esprimere concetti semplici: se qualcuno parla male di te, non fare altrettanto; non farti abbattere dalle sconfitte e non montarti la testa per le vittorie; non farti tirare in mezzo dalla gente e non tirartela se frequenti persone importanti. 
Buon senso e amore. Perché nelle parole di Kipling non ci sono vie indicate, ma solo consigli. Non scrive al figlio: da grande fai il calciatore o l’astronauta; non gli prospetta mondi fantastici di lusso sfrenato o povertà da salvare; non propone orientamenti sessuali, politici religiosi. Un solo suggerimento: sii un Uomo.
Quando osservo i genitori incapaci di gestire il capriccio del figlio al supermercato, quando al ristorante vedo i bambini ghettizzati nelle aree baby, quando sento dire che a quattordici anni possono scegliere da soli, ecco, in queste situazioni mi chiedo come quei poveri cuccioli di specie umana possano diventare uomini. E se poi penso che Rousseau, il padre della pedagogia, abbandonò cinque figli, che la figlia di Freud passò la vita a contestare le teorie paterne, che il figlio di Melanie Klein si suicidò e la figlia si diede a smentirla in con tutti i mezzi, non posso che arrendermi all’evidenza che anche un genio possa essere un cattivo educatore.

Kipling lo scrive con la dolcezza di un padre, la bellezza di uno scrittore, la solidità di un uomo. Buon senso e amore. Per chi, se non per un bambino?

Dedica

Ad Andrea, certo che 'l trapassar dentro è leggero