Titolo: I Buddenbroocks - Decadenza di una famiglia
Autore: Thomas Mann
Genere: Romanzo
Anno di pubblicazione: 1901
Recensione di: Chiara Bortolin
Questo è uno dei pilastri della letteratura moderna e con questo non intendo lasciare spazi a spiritosaggini da buontempone circa il suo volume in edizione cartacea. Scrivo che è un pilastro perché proprio come l’elemento architettonico offre garanzia di solidità e quindi di sicurezza.
Prendi in mano I Bundderbroocks e hai delle certezze. Prima di tutto sai che dal punto di vista letterario la struttura è ineccepibile: una scrittura pulita, con qualche fregio barocco, che non eccede nel rococò; uno stile austero, armonico e bilanciato; un lessico ricercato, ma senza ostentazione.
In seconda battuta sai che la narrazione non ha crepe: i personaggi hanno profondità psicologica, ma esemplarità sociale; l’intreccio si muove su una linea chiara, una situazione di equilibrio, poi un’evoluzione, un apice e la chiusura; l’ambientazione talmente curata da sembrare più descrittiva che contestuale.
Infine, sai già che tipo di storia viene raccontata, una tragedia, l’Autore lo dichiara subito nel titolo, che sia chiaro.
Se poi hai letto qualche altro romanzo del genere, sai che non può che essere così. Gli autori di fine Ottocento non potevano che raccontare del declino, non dell’apocalisse, quello tocca agli Autori del Novecento, non dell’ottimismo, quello era toccato al settecento. Nell’Ottocento si scrive della decadenza.
Il mondo sta cambiando, le società europee stanno cambiando, con lentezza, ma senza possibilità di rimedio, gli assetti sociali mutano e gli Intellettuali, come Cassandre senza età, cercano di avvisare. Le folle sono in tumulto, il potere politico non è più on grado di dare risposte certe, una nuova classe di ricchi sta prendendo in mano la situazione, eliminando senza tante smancerie un’aristocrazia che può solo preparare le proprie memorie in pinacoteche autocelebrative.
Tutto questo è molto rassicurante. Un romanzo diventa un classico quando il contenuto che espone è sufficientemente sedimentato da poter essere considerato un sapere comunemente acquisito.
Per questo I Bundderbroocks, non fanno più paura. Nessuno di noi, per esempio, teme di morire per un ascesso o impiega giorni per attraversare uno stato o scrive con una penna d’oca. La povertà, la fame, il freddo, ormai non riguardano nessuno più le società occidentali. Allo stesso modo non si teme un potere oppressivo che in virtù di credenze governa la vita dei più. Tutto ciò è passato, per questo i classici appaiono così rassicuranti.
Certo, se volessi andare oltre, se appena appena volessi vedere sotto l’intonaco, come certe donne imbellettate di pirandelliana memoria, potresti pensare che forse non è tutto superato. Potresti pensare che al solido palazzo della Storia si sia fatto un frettoloso restauro, ma che certe crepe non siano state riparate, che certi danni strutturali siano stati rattoppati alla meno peggio.
O forse potresti pensare che c’è un paradosso: nei romanzi classici non c’è mai ansia. Nonostante le pagine scorrano portandosi appresso un crescendo di sconfitta, la tragedia è semplicemente inesorabile e, nella sua ineluttabilità, offre una certa sicurezza. Andrà tutto male, punto.
L’ansia è una novità regala dal benessere. Se non hai niente da perdere, non hai tempo per avere paura. Se puoi morire per una febbre, se sei destinato a sposare chi non ami, se l’obbligo sociale è superiore a ogni beneficio individuale, non ha nessun motivo per essere in ansia, sarà comunque una tragedia.
Ma se puoi scegliere, se hai la libertà di essere felice, se hai qualcosa da perdere o da vantare, allora puoi permetterti il lusso di avere l’ansia, puoi sentirti insicuro di fronte al mondo, puoi avere paura.
Leggere I Bundderbrocks è una garanzia di leggere un romanzo di eccezionale qualità, ma è anche un’occasione per ricordare che certe scemenze come si stava meglio quando si stava peggio non si trovano scritte nemmeno nei dolcetti della felicità .
La Storia e la Letteratura offrono una possibilità impareggiabile: terre insegnamento dagli errori altrui senza sperimentarli in prima persona. Oscar Wilde sosteneva che Esperienza è il nome che diamo ai nostri errori. Come molti aforismi, divertente, ma non esaustivo.
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