Titolo: Il futuro del lavoro e il lavoro del futuro
Autore: Ivan Giménez
Anno di pubblicazione:2017
Genere: saggio
A partire dalla Prima Rivoluzione Industriale, l’introduzione della tecnologia ha portato a profondi cambiamenti nella struttura del lavoro. Nella seconda metà del XX secolo, i robot si sono fatti largo nella produzione industriale, anche se si è dovuto attendere il nuovo millennio, con i progressi delle tecnologie digitali, per rendersi conto del loro reale potenziale di trasformazione.
Il tema, sarai d’accordo con me, è di pressante attualità che, se pur trascurato momentaneamente dai media, mai come ora sarebbe da affrontare, dal momento che la pandemia ha portato in evidenza una distinzione, già presente, dirai, tra mansioni che si possono svolgere da casa, in smart working, come si è imparato a dire, e lavori che vanno svolti in presenza.
Il futuro del lavoro e il lavoro del futuro è una breve e utile guida per fare chiarezza in questo complesso argomento. Come è buona pratica, l’Autore fa principiare la sua sintesi dalla Storia.
Come la tecnologia incida sul mondo del lavoro è dibattito datato e ha avuto inizio con la cosiddetta Prima Rivoluzione Industriale, quando per la prima volta l’uomo potè produrre non più solo attraverso strumenti, ma attraverso macchine.
Già all’epoca, per intenderci, il 1760, con l’introduzione della spoletta e della macchina a vapore, entusiasmo e timori trovarono i loro seguaci. Se da un lato l’introduzione delle macchine aveva prodotto inimmaginabili vantaggi, indubbiamente aveva provocato anche spiacevoli conseguenze, tra cui, nell’immediato, una brusca riduzione dell’occupazione.
Lo stesso accadde in occasione della Seconda Rivoluzione Industriale, quando, nel 1870, comparvero la ferrovia e i primi sistemi di telecomunicazione globali, e nella Terza Rivoluzione, più vicina a noi, a metà del ‘900, con l’introduzione dei primi sistemi di automazione.
L’Autore riassume i passaggi di queste rivoluzioni ed è Suo pregio riuscire a unire sintesi e chiarezza di esposizione, senza per questo rinunciare alla completezza di informazione.
Per quanto attiene alla rivoluzione che impensierisce, oppure no, i giorni nostri, l’Autore rappresenta due possibili scenari. Naturalmente, sia tu sia io abbiamo chiaro che stiamo parlando della Rivoluzione Digitale, ma come inserirla nel percorso storico? Come definirla? Le scuole di pensiero sono al momento due: la maggioranza degli Studiosi è propenso a definire l’avvento della tecnologia informatica come la Quarta Rivoluzione Industriale o Industria 4.0. Una prate minoritaria sarebbe più propensa a definirla come Prima Rivoluzione Digitale. Nel testo trovi indicati gli argomenti a favore di una o dell’altra visione, per cui potrai farTi una tua idea o di modificarla L’Autore assumerà, per le pagine successive, la definizione più condivisa, personalmente propendo per la seconda, ma il bello del pensiero è che ciascuno può costruirsene uno proprio.
Dagli inizi dell’industrializzazione, spesso le macchine sono state percepite come una minaccia per il lavoro dell’uomo. Oggi, il costante espandersi delle loro abilità ha dato maggior risonanza alle voci di chimere in guardi dai pericoli della disoccupazione tecnologica.
Successivamente, l’Autore presenta il dibattito, che segue tutte queste rivoluzioni, rimanendo per così dire costante nel tempo, vale a dire se la tecnologia influisca positivamente o negativamente sul lavoro. Anche in questa seconda perte del libro, l’Autore presenta con chiarezza e semplicità l’arcobaleno delle posizioni che, dai detrattori più accaniti conduce ai sostenitori più accesi.
E’ importante notare come, nel tempo, le posizioni, pur aggiornandosi, non siano state modificate e che anzi, alcune definizioni fondamentali, come disoccupazione tecnologica, coniata da Adam Smith, sia ancora oggi in uso per identificare la conseguenza in termini occupazionali dell’introduzione di innovazioni tecnologiche.
La necessità della sintesi non consente all’Autore di approfondire alcuni temi, sebbene abbia la correttezza di enunciarli. Ne cito alcuni: la sicurezza sul lavoro, che certamente l’automazione ha migliorato; la produzione più rapida ed economica, con conseguenze positive e negative; l’impatto di massa delle nuove tecnologie, anche questo con conseguenze poliedriche.
Tema centrale, su cui l’Autore si sofferma, è l’impatto sull’occupazione delle nuove tecnologie. La tecnologia produce o erode posti di lavoro? La risposta è complessa e non univoca. Le innovazioni tecnologiche hanno sempre comportato, al loro inserimento nella produzione, una perdita massiccia di posti di lavoro; è però altrettanto vero che, negli anni successivi, ha portato un allargamento delle opportunità di lavoro, migliori salari, migliori condizioni. Questo dice la Storia, del breve e del lungo periodo, ma questa rivoluzione, quella che stiamo vivendo, quali conseguenze avrà?
L’Autore non offre una risposta, ma molti scenari possibili, ipotesi, previsioni. Di sicuro a oggi si può dire che molti posti di lavoro siano andati persi nel manifatturiero, ma molti ne siano stati creati in altri settori, come nella cura della persona o nella logistica. Altrettanto di sicuro, si può dire che molte professioni siano una novità assoluta nell’economia, pensa per esempio agli influencer o agli esperti di marketing digitale o ancora alle mansioni della cosiddetta GIG economy, lavori spot di basso profilo professionale ma di ampia capacità di impiego, come gli addetti al delivery.
Insomma, la faccenda è complicata, ne converrai, e certamente né tu né io saremo degli esperti per aver letto questo piacevole saggio, ma forse avremo qualche strumento in più per capire questo mondo che cambia rapidissimamente.
Una considerazione è interessante, l’Autore dedica più passaggi, seppur con garbo. Una costante di tutte le rivoluzioni industriali è stata che le conseguenze peggiori sono state subite da coloro che avevano un grado di istruzione basso. Ancora oggi, a trar maggior vantaggi dei cambiamenti sono coloro i quali, per titolo di studio, sono in grado di essere protagonisti delle innovazioni o sono sufficientemente strutturati da potervisi riadattare. Questo vuol dire che chi oggi ha la responsabilità di prendere decisioni, per se stesso, ma soprattutto per altri, dovrebbe avere contezza che, oggi più che mai l’istruzione dovrebbe essere il centro delle preoccupazioni verso i giovani, naturalmente, ma anche verso tutti coloro che, nel mondo del lavoro, dovranno sperare di restarci per il futuro prossimo.
Non è questa un’indicazione dell’Autore, non apertamente quantomeno, ma se si investe del tempo per fare cultura, è da credere che possa essere un pensiero condiviso: l’unico modo per affrontare il cambiamento è non subirlo e l’unico strumento è lo studio. Lo si comprende leggendo un libro di storia, stampato o digitale che sia.
L’intelligenza artificiale sarà la migliore o la peggiore cosa mai successa all’umanità. (S.Hawking)
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