Autore: Cesare Pavese
Genere: Diario
Anni di pubblicazione: 1952
Per chi si chiede dove siano finiti gli intellettuali
Il Mestiere di Vivere è un diario, un diario vero, non una
finzione letteraria. Ora, quando ti trovi davanti al diario di una persona
cara, che magari è venuta a mancare, provi un sentimento contraddittorio. Da
una lato senti il desiderio immediato di leggerlo, per trattenere, per carpire
ancora un’eco dell’affetto, per alleviare lo spasmo della nostalgia; dall’altro
il pudore, il timore di valicare un confine che è l’intimità dell’altro, di
violare i segreti che a buon diritto ciascuno custodisce.
Il diario è stato pubblicato, è un libro, quindi in qualche
modo la censura parrebbe venire meno, come se una volta che i pensieri fossero
messi lì, pagina dopo pagina, non appartenessero più all’Autore, come se
fossero semplicemente fruibili. Come un racconto qualsiasi, come un romanzo,
una poesia, un prodotto letterario da acquistare e da consumare.
Questo senza considerare quella sorta di voyerismo verso le
celebrità, quel desiderio di conoscere, di sapere, di spiare dietro la tendina
della morte, i pensieri di uno Scrittore famoso, come Cesare Pavese. Quella
curiosità che maschera da interesse biografico il pettegolezzo più scabroso.
E pensare che Pavese lo aveva chiesto espressamente: Perdono a tutti e a tutti chiedo perdono.
Non fate troppi pettegolezzi.
Diario pubblicato.
Allora lo compri. Lo compri perché un intellettuale come
Pavese ti manca. Perché anche se non lo hai mai incontrato, né hai mai sentito
la sua voce, senti una profonda nostalgia, perché ti chiedi con chi diavolo
adesso potrai condividere la solitudine.
Ti chiedi a chi potrai spiegare che hai il mal di vivere,
senza sentirti dire di andare a rigenerarti in una beauty farm. Ti chiedi a chi
potrai parlare del vizio assurdo che
nessuno vuole conoscere. Ti chiedi a chi potrai raccontare che il tuo amore per
la cultura è una ragione di vita, senza essere preso per snob.
Per questo leggi Il
Mestiere di Vivere.
E poi, oltre a quello che immagini di trovare, quell’intimità
di anime, trovi lo Scrittore.
Perché Pavese è uno scrittore che non fa lo scrittore di
mestiere. Lui rappresenta la Letteratura, che poi declina in mille modi nel suo
quotidiano: la scrive, la traduce, la pubblica, la critica, la insegna. Non può
che essere così, perché la Letteratura è la sua vita.
Lo è così profondamente, così radicalmente, che il diario si
chiude con la sua dichiarazione di intenti:
«Tutto
questo fa schifo. Non parole. Un gesto. Non scriverò più. »
Per porre fine alle sofferenze, per potersi
suicidare, non c’era che una via: eliminare l’unica ragione di vita, la Letteratura.
Credere che la causa della sua morte sia la
depressione cronica, i suoi amori non corrisposti, il dottorato negato! Queste
sono sciocchezze da rotocalco.
Una donna che non sia
una stupida, presto o tardi, incontra un rottame umano e si prova a salvarlo.
Qualche volta ci riesce. Ma una donna che non sia una stupida, presto o tardi
trova un uomo sano e lo riduce a rottame. Ci riesce sempre.
No, la verità è che noi abbiamo bisogno di
Scrittori come Pavese. Perché sono, per dirla come De André, gli anticorpi della società, perché
attraverso il loro modo di vivere e di leggere il mondo ce lo restituiscono
decodificato. Perché la loro intensità di pensiero permette di avere una
lettura semplificata della complessità della vita, che non è mai
semplificazione, demistificazione, falsificazione. E’ come se loro vivessero
oltre noi, al di sopra, più profondamente.
Per questo ci appaio contemporaneamente così lontani
e così prossimi.
Per questo se ne prova ancora più nostalgia.
Quando ascolti le interviste di alcuni sedicenti
intellettuali, che blaterano, che consigliano, che bisbigliano banalità tra le
fessure del loro nulla esistenziale, ti mancano i Pavese.
Perché ci va lentezza, ci va tempo, ci va
profondità, ci va coraggio, ci va onestà, ci va prudenza, ci va solitudine, per
pensare.
Per esprimere la vita,
non solo bisogna rinunciare a molte cose, ma avere il coraggio di tacere questa
rinuncia.
Il Mestiere
di Vivere
puoi leggerlo un pezzo per volta, riflessione per riflessione, o aprirlo a caso
e raccoglierne una perla, da portarti dentro, come un frammento di esistenza
nella mano; puoi tenerlo sul comodino o in libreria, puoi frequentarlo come un
caro amico con cui ogni tanto scambi due chiacchiere o il silenzio.
Il professionismo
dell’entusiasmo è la più nauseante delle insincerità.
Non perché Pavese sia un maestro di vita, chè di
maestri di vita ne abbiamo fin troppi, guru della superficialità, ma viceversa
per ricordarsi che con il mal di vivere, se sei un Uomo, ci devi vivere.
E ora...voglio leggerlo.
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