giovedì 6 agosto 2015

Il PCI ai Giovani

Autore: Pier Paolo Pasolini

Titolo: Il PCI ai Giovani

Anno di Pubblicazione: 1968

Genere: Lettera aperta

Recensione di: Chiara Bortolin
 
Il 1° marzo 1968 è ricordato come il girono dei fatti di Valle Giulia: un violento scontro tra gli studenti universitari, che volevano rioccupare la sede della Facoltà di Architettura a Roma, e le Forza dell’Ordine che da giorni presidiavano il sito, dopo uno sgombero forzato.
L’episodio fece grande scalpore, ma ancora più scalpore fece il commento che scrisse Pasolini il giorno dopo. Una sorta di lettera aperta contro i manifestanti, con il tono di una reprimenda.
Nessuno si sarebbe mai aspettato una presa di posizione in questo senso: gli schieramenti sembravano così chiari! Gli studenti reclamavano Tutto Subito; le Forze dell’Ordine erano considerate il braccio armato dello Stato; c’erano i borghesi conservatori e i proletari progressisti; c’era la destra autoritaria e la sinistra libertaria. Che Pasolini facesse dei distinguo sembrava impossibile. Se speculi stai dalla parte del nemico.
Ora io vorrei proprio evitare i soliti pettegolezzi, svenduti come storia un tanto a banalità, buon peso per tutti i democratici della domenica.
E vorrei anche evitare, con buona pace degli esaltatori postumi di Pasolini, un’apologia del suo defunto idealismo.
Vorrei invece soffermarmi su due aspetti diversi ma integrati di questo Autore: il primo è la penna, il secondo è il rigore.
La penna: leggi questo articolo ed è chiaro, cristallino, ineccepibile. Tanto semplici le parole quanto profondi i significati. Sfido chiunque a non comprendere il senso di questo articolo. Non c’è bisogno di aver vissuto il Sessantotto, di aver letto Marx, di avere coscienza politica. Scrivere così, saper rendere la complessità nella semplicità, non è roba da tutti. Prova ne è che persino Nietzsche con ironia sottolineava come gli intellettuali tendano curiosamente a confondere il profondo con l’oscuro. Pasolini scrive per tutti, in questa occasione, e il risultato è un’infilata di parole, una dietro l’altra, che non si può smettere di leggere. E’ commovente l’amore di Pasolini per le parole.
Poi, il rigore: che emerge dalla punteggiatura, durissima, per esprimere contenuti durissimi. Questa è l’onestà intellettuale, questo è il rigore morale, questo è assumersi la responsabilità di essere un intellettuale. Dire sempre ciò che si pensa. Dire apertamente a chi si sostiene altrettanto apertamente: no, non sto dalla tua parte. Avere il coraggio di stare da una parte che è sempre la propria, senza cercare il consenso.
Questa la ragione per cui ho scelto questo brano di Pasolini: non si può leggere Teorema se non si ha in mente la straordinaria personalità di questo Autore; non si può leggere nemmeno l’Empirismo Eretico, se non si ha in mente il vigore intellettuale, la ricchezza culturale, il costante impegno per mantenere la propria intelligenza.
Lo dico molto francamente: mi disgusta lo scempio che viene a tutt’oggi fatto di Pasolini. Pasolini, il poeta degli ultimi! Pasolini, il cultore del Comunismo. Pasolini il guru del movimento di rinnovamento culturale! Pasolini! Uh!
Pasolini li avrebbe mandati tutti al diavolo. Non aveva ragione su tutto, anzi forse aveva molti torti, ciascuno ha una sua opinione, ma certamente egli non apparteneva che a se stesso e questa sua conservazione lo rendeva un vero intellettuale.
Il peso del proprio pensiero lo si legge nella scelta delle parole, così accurate, così volute, nello scritto come nel parlato; nella sintesi che non è demistificazione; nell’attesa che non è vanto.
Di Pasolini si è detto tutto e il contrario di tutto. Ogni volta che leggo queste poche righe mi inchino, non per la poesia, non per i film e nemmeno per i romanzi, ma perché leggo, assaporo e centellino le parole di un uomo libero.
 

 

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Dedica

Ad Andrea, certo che 'l trapassar dentro è leggero