venerdì 22 gennaio 2016

I Versi Satanici

Titolo: I Versi Satanici

Autore: Samuel Rushdle

Anno di pubblicazione: 1988

Genere: Romanzo

Recensione di: Chiara Bortolin

«Per rinascere» cantò Gibreel Farishta, precipitando dai cieli, «devi prima morire. Ho-ji! Ho ji! Per scendere sulla terra rotonda, bisogna prima volare. Tat-taa! Taka-thun! Come puoi ancora sorridere, se prima non avrai pianto? Come conquisti il cuore del tuo amore, signore, senza un sospiro? Baba, se tu vuoi rinascere...» Poco prima dell'alba di un mattino d'inverno, il giorno di Capodanno o pressappoco, due uomini, reali, adulti e vivi, cadevano da grande altezza, seimila metri, verso la Manica, senza l'ausilio di paracadute o di ali, da un cielo limpido.

Leggo la prima pagina, poi chiudo il libro e mi fermo a pensare. Devo decidere se sono veramente disposta a leggere le altre mal contate cinquecento pagine. So che è sbagliato, ma io non mollo mai un libro, se lo inizio lo finisco, quindi devo decidere in fretta se andare avanti o meno.

Che questo Autore sappia il fatto suo lo si capisce subito. Molti Autori agganciano il lettore con un incipit accattivante, che non sempre è coerente con ciò che segue. Rushdle ha una strategia diversa, più brutale, ma anche più onesta: detta le regole subito. 

Se vuoi leggere questo libro: 1) ti devi affidare all’Autore; 2) devi prestare attenzione; 3) devi usare intelligenza; 4) devi aprire i tuoi orizzonti. Se cerchi un romanzo ludico, lascia perdere; se cerchi un romanzo semplice, lascia perdere. Molto corretto. Quando riapro il libro, l’Autore e io abbiamo accettato un patto: io rispetto le sue condizioni, adesso tocca a Lui mantenere la promessa!

E la promessa è mantenuta! Pagina dopo pagina, questo romanzo si rivela in tutta la sua ricchezza. La trama: un intreccio di storie che si incontrano, si allontanano, si congiungono. E dentro la trama delle altre storie, incastonate, come preziose gemme in un gioiello, che alla fine si rivelano parte integrante della narrazione, cioè del gioiello. Un vicenda surreale, che assume un connotato reale nel significato.

Una scrittura particolarissima: frasi lunghe inframmezzate da battute di spirito; un Autore apparentemente oggettivo, ma che fa capolino, quando meno te lo aspetti, alla maniera della commedia antica; un uso spregiudicato delle parole, che sottende la finezza delle sfumature di significato.

La costruzione dei personaggi: a parte i due protagonisti,  di solidità granitica, ogni personaggio ha spessore, non ci sono bozzetti, non tratteggiature, ma anime.

E poi, i contenuti. Questo è un libro che va riletto, per essere capito, perché ci sono così tanti concetti su cui ragionare che una prima lettura può solo comprenderne la profondità, ma non guardarvi dentro.

La varietà dell’animo umano viene presentata in tantissime sfaccettature del suo essere. Penso per esempio al concetto di identità: i personaggi vengono da Paesi diversi e la loro identità si plasma tra la percezione che hanno di sé e la visione dagli altri e, in questa commistione di attribuzioni reciproche, si apre un arcobaleno di possibilità che vanno dalla ricerca sfrenata dell’omologazione all'isolamento totale. 

Questo tema ha il suo contraltare nella percezione del diverso che va dall'accoglienza entusiastica al rifiuto aprioristico. Rushdle non parla mai di integrazione, ma spiega che una parola da sola non può essere esaustiva.

Un altro tema affrontato con straordinaria efficacia è l’amore, che è anch’esso mutevole, contraddittorio, poliedrico. Gli uomini sono forieri di emozioni e di sentimenti, le cui genesi sono meno superficiali di quanto siamo disposti ad ammettere.

Ci sarebbero moltissimi altri aspetti di cui fare cenno, ma mi soffermo solo su uno, non se non altro perché il titolo lo richiama inequivocabilmente. Il libro tratta di religione, nello specifico di religione islamica. Ci tengo a precisare che Rushdle tratta di islamismo come un qualunque scrittore di origine europea potrebbe trattare di cristianesimo: è un sostrato culturale. Detto questo, la religione viene sviscerata dal suo significato antropologico di anelito verso l’infinito, al becero adeguamento alle pratiche sociali, dall'adesione consapevole ed equilibrata all'ottusità più triviale, dal conformismo al rifiuto. 


Questo libro non è per tutti, ma a tutti i suoi lettori offre una rara occasione di comprensione, non dell’animo umano, che non potrà mai essere completamente spiegato, ma della sua complessità. Nella quotidianità molto si appiattisce in categorie che assomigliano più spesso alla categoria del pre-giudizio che non alla categoria del pensiero e Rushdle ce lo ricorda, con straordinaria bravura.

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Dedica

Ad Andrea, certo che 'l trapassar dentro è leggero