Autore: Sandor Marai
Anno di Pubblicazione: 1942
Genere: Romanzo
Recensione di: Chiara Bortolin
“Si può e soprattutto si deve restare
fedeli alla passione che ci possiede, anche se questo significa distruggere la
propria felicità e quella degli altri?”
“Perché me lo chiedi? Sai che è così”
Questa è la
seconda domanda che Hemrik pone a Konrad. Il legame tra questi due uomini era
stato profondo, un’affinità elettiva, come ne capita una nella vita, se si è
fortunati. Tanto più speciale il rapporto in quanto non corroborato da elementi
esterni: Henrik, figlio dell’aristocrazia, votato alla carriera militare per
fedeltà al sovrano, appassionato di caccia; Konrad, figlio squattrinato di un
padre generoso, si dedica alle armi per garantirsi un reddito, animo sensibile
portato più al pensiero che all’azione. Diversi, ma complementari,
indispensabili uno per l’atro, un tradimento li allontana.
Non ebbero
bisogno di stringere patti di amicizia come fanno di solito i ragazzi della
loro età, che indulgono con passionalità enfatica a rituali ridicoli e solenni,
nella forma inconsapevole e grottesca in cui il desiderio si manifesta tra gli
uomini quando decide per la prima volta di strappare il corpo e l'anima di
un'altra persona al resto del mondo per possederla in maniera esclusiva. Il
senso dell'amore e dell'amicizia è tutto qui. La loro amicizia era seria e
silenziosa come tutti i grandi sentimenti destinati a durare una vita intera.
Konrad
fugge, dal tradimento, dall’amico, dal motivo e vive in un altro Paese per
quattro lunghi decenni. Eppure il loro rapporto non è finito. Il titolo, Le Braci, in lingua italiana, Candele
Consumate, in lingua ungherese, rimanda all’immagini di un fuoco che è quasi spento. C’è stato un prima
luminoso, poi un lungo affievolirsi della fiamma, ma ancora non è tutto finito,
ancora c’è un bagliore che crepita nei cuori di questi due personaggi. Ci sono
ancora due domande da porre e due risposte da dare.
Henrik non
cerca la verità: questa è nelle sue mani, nel diario della moglie, da anni. Se
lui volesse sapere come sono andate le cose, non dovrebbe fare altro che
sfogliare quelle pagine e leggere. Non l’hai mai fatto e, davanti a Konrad,
quando gli pone la domanda, getta quelle memorie nel fuoco, in attesa di una
risposta. Konrad tace.
Si dice
comunemente di questo romanzo che il tema principale sia l’amicizia, tanto più
che Marai, che è un profondo conoscitore della Letteratura, attinge a piene
mani da precedenti illustri, quasi citandoli. A una prima lettura si può
prendere per buono questo.
Esiste però
una seconda lettura, quella dell’animo umano. Marai offre una descrizione
vivida dei sentimenti che agitano i suoi protagonisti: l’amore, l’amicizia,
l’odio, la delusione, il dolore, la nostalgia. Sono sentimenti intimi,
fortissimi, che sopravvivono al tempo, sospesi. Non c’è spazio per il clamore,
per il pettegolezzo, per la condivisione con il mondo esterno, come a dire che
l’essenziale è sempre profondo.
Infine ci
sono le domande, due sole. Molte di più sono le domande che si pone il lettore
man mano che procede nella lettura: le rispose si dipanano in un avvincente
alternarsi di passato e di presente, tra memorie reali e intuizioni vaghe, in
un racconto che pare sussurrato, come una confidenza.
Risolte le
curiosità della trama, resta il dubbio: quali domande verranno poste.
Impossibile per il lettore non esercitarsi nell’immaginarle. Ogni delusione,
ogni lontananza, ogni tradimento vuole delle risposte, prima di poter diventare
un addio, ma per avere delle risposte esaustive è necessario che anche le
domande lo siano.
"Tutto ciò cui giurammo fedeltà non esiste
più"..."Sono tutti morti oppure se ne sono andati, hanno rinunciato a
tutto quello che giurammo di difendere. Esisteva un mondo per il quale valeva
la pena di vivere e di morire. Quel mondo è morto. Quello nuovo non fa più per
me..."
Ma il generale
gli risponde: "Per me quel mondo è sempre vivo, anche se non esiste più
nella realtà. È vivo perché gli ho giurato fedeltà. È tutto ciò che posso dire”