Sottotitolo: Il Mercato del Lavoro tra Famiglia e Welfare
Autore: Emilio Reyneri
Genere: Saggio
Anno di Pubblicazione: 2011
Recensione di: Chiara Bortolin
Ammetto che il titolo non è per niente accattivante.
D’altronde questo libro è in primis uno strumento didattico e quindi non
confida nel lettore casuale. Posso però dire che, per come è scritto e per i
suoi contenuti, potrebbe essere pubblicato anche come un saggio di comune
interesse, con il vantaggio di accaparrarsi qualche lettore in più e diffondere
un po’ di informazione al di fuori delle mura universitarie.
Il testo di presenta come un’approfondita analisi di sociologia
economica sul tema del mercato del lavoro.
L’argomento è molto più prossimo a tutti noi di quanto si potrebbe
pensare. Basta fermarsi un momento e pensare a quanti quotidiani pubblichino
notizie inerenti a scioperi, ad aziende in crisi, ai risultati che il job act
porta o non porta. Basta pensare a quante persone, nella propria cerchia di
conoscenze, sono in cerca di lavoro o fanno un lavoro al di sotto delle
aspettative o vivono in costante precarietà occupazionale. Questo libro
presenta una panoramica della situazione italiana su questi temi.
Ciò che mi è risultato davvero interessante è che il testo
smentisce molti luoghi comuni e obbliga a una riflessione che va oltre agli
aspetti meramente contrattuali. Faccio alcuni esempi.
Il
disoccupato. Nel pensiero comune il disoccupato per antonomasia è un padre
di famiglia, che ha perso il lavoro, che fatica a reinserirsi e che prova un
profondo senso di disadattamento. Falso.
Il disoccupato italiano è un giovane, con alto livello di preparazione, che non
riesce a inserirsi nel mercato del lavoro.
Se ci fossero più
servizi, ci sarebbe una maggior occupazione femminile. L’idea comune è che le donne non
lavorano perché la rete sociale e la rete dei servizi alla famiglia non è in
grado di sopperire alle necessita di cura verso i figli o verso i genitori
anziani. Falso. La maggior parte delle donne che non lavorano non ha neanche
mai tentato di inserirsi nel mondo del lavoro e, se lo ha fatto, ha rinunciato
al lavoro alla nascita dei figli. La maggioranza delle donne ritiene sia ancora
un suo obbligo sociale farsi carico delle incombenze familiari.
Il part time giova
all'inserimento lavorativo delle donne. Falso. Ê del tutto evidente, dati alla mano, che i Paesi in
cui la presenza femminile nel lavoro è più alta sono i Paesi in cui le donne
lavorano a tempo pieno. Guarda il caso, sono anche i Paesi in cui le donne
ricoprono più facilmente ruoli di rilievo e mostrano maggiore attaccamento al
lavoro.
L’Autore espone i fatti, le interpretazioni e le dinamiche
del rapporto economia-società perché, se è vero che l’economia incide
moltissimo sulle variazioni sociali, è altrettanto vero che le strutture
sociali, sedimentate nel tempo, modificano le scelte economiche. Detto in altre
parole: è vero che una fabbrica che chiude comporta oneri economici sulle
famiglie che questo ne modifica la struttura; ma è altrettanto vero che
un’impresa, prima di aprire uno stabilimento, valuta la risposta che può avere
a livello locale, in termini infrastrutturali, certo, ma anche in termini di
qualità del lavoro.
E qui arrivano le noti dolenti, là dove i luoghi comuni, pur
con qualche aggiustamento, vengono confermati.
Nel Mezzogiorno i
problemi occupazionali sono drammatici. Vero, se si leggono le statiche degli occupati dichiarati,
se si leggono le cifre di scolarizzazione e inserimento dei giovani nel mercato
del lavoro e se si getta uno sguardo ai volumi impressionati di sussidi al
reddito.
Il welfare italiano è
carente. Vero, se si
considera che le istituzioni che dovrebbero impegnarsi per l’inserimento
lavorativo portano dei risultati statisticamente non rilevanti; se i centri per
la riqualificazione professionale non costituiscono una rete efficiente ed efficace
con le imprese; se l’impegno economico dello Stato si limita
all’assistenzialismo, all’erogazione di redditi diversi da quello del lavoro,
senza per altro sanzionare i comportamenti deviati.
Questo saggio si legge molto agevolmente, perché l’Autore
trova un gradevole equilibrio tra esposizione dei concetti, dati e analisi e
interpretazioni delle medesime. Da tutte queste informazioni ciascuno può
costruirsi o modificare un’opinione personale. Questo non è solo utile a titolo
individuale, ma è anche importante sul piano collettivo, del rammentarsi che
ciascuno partecipa attivamente, con i propri comportamenti, a modificare la
realtà economica del nostro Paese.
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