sabato 19 novembre 2016

Mi dichiaro prigioniero politico

Titolo: Mi dichiaro prigioniero politico
Autore: Giovanni Bianconi
Anno di Pubblicazione: 2003
Genere: Saggio
Recensione di: Chiara Bortolin

Io mi dichiaro prigioniero politico. Per la maggior parte degli appartenenti alla mia generazione e per i più giovai, questa frase non ha un significato particolare, ma se si chiede a qualcuno appartenente alla generazione dei  genitori, la faccenda cambia. Al pronunciare questa frase, i volti dei sessantenni cambiano espressione, gli sguardi si spostano, la conversazione si sospende.
La frase, da cui è tratto, con buona intuizione, il titolo del libro si riferisce alla dichiarazione standard che veniva pronunciata dagli aderenti al movimento delle Brigate rosse quando venivano tratti in arresto. Con questa affermazione i brigatisti intendevano esprimere la loro estraneità al potere costituito, il disconoscimento dell’Autorità e il rifiuto a collaborare con gli inquirenti. Di fatto la frase sanciva il silenzio di lì a venire.
L’Autore, dal canto suo, esprime fin dalla copertina, il punto di vista adottato nella sua ricostruzione storica delle Brigate Rosse ovvero il punto di vista di personaggi di spicco del movimento. L’approccio è interessante non solo perché offre all’Autore la possibilità di una narrazione scorrevole e meno impegnativa di un saggio, ma anche perché cerca di rispondere a una domanda sottintesa: perché?
La risposta, ormai sedimentata nel nostro patrimonio culturale, sgorga tanto spontanea quanto insoddisfacente e manipolabile. A seconda delle diverse sensibilità, può variare dal desiderio di sovvertire le istituzioni, al dare vita alla rivoluzione proletaria, al tentare di cambiare il mondo. Come tutte le frasi fatte, c’è una piccola verità avvolta in una nube di incompreso.
L’Autore cerca di andare alla fonte, ovvero di ricercare le motivazioni personali, i convincimenti di fondo, che spinsero un numero rilevante di persone a intraprendere la via della lotta armata. Bisogna riconoscere che il lavoro di ricerca è accurato: oltre alle testimonianze dirette, il Giornalista ha consultato la documentazione processuale e, naturalmente, le cronache. Il risultato è una ricostruzione biografica convincente e dettagliata.
Nella formula del racconto si restituisce ai protagonisti la soggettività della scelta, come dire che l’Autore intende comprendere ma con dovuto distacco. Nel mutare l’esperienza del giornalismo più autentico, Bianconi espone i fatti, così come li hai ricostruiti, che il lettore poi tragga le proprie conclusioni. Queste le storie individuali, questo il contesto, questo i risultati: non resta che mettere insieme i pezzi.
Mi dichiaro prigioniero politico è un buon testo, che consiglio ai giovani che non hanno memoria di ciò che accaduto per questioni anagrafiche, ma anche a chi era già nell’età della ragione ai tempi, per ricordarsi ciò che hanno imparato all’epoca. E soprattutto suggerisco questa lettura a tutti coloro che si riempiono la bocca di parole di cui non conoscono il significato quando diventa reale, ché a cianciare di rivoluzione, di eversione, di restituire al popolo il suo potere si hanno delle responsabilità. 

Le biografie esposte nel testo di Bianconi emergono nel loro fallimento individuale, ma non tralasciano di descrivere lo smarrimento collettivo che hanno causato e il silenzio imposto a coloro i quali, passati per gli autoproclamati tribunali del popolo, non se la sono cavata proclamandosi prigionieri politici.

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Dedica

Ad Andrea, certo che 'l trapassar dentro è leggero