sabato 17 dicembre 2016

Storie, fatti e fattacci di Torino

Titolo: Storie, fatti e fattacci di Torino
Autore: Renzo Rossotti
Anno di Pubblicazione: 1996
Genere: Saggio
Recensione di: Chiara Bortolin

Ci sono fatti che, nel momento in cui accadono, occupano le pagine dei giornali, diventano argomento di conversazione, di disputa nei caffè e si immaginano indelebili nella memoria. Naturalmente così non accade e la maggior parte della cronaca si dissolve nel tempo, consegnando alla Storia solo una rarefazione di essa.
Ciò non impedisce a un appassionato di fare qualche ricerca e di restituire al lettore contemporaneo racconti di antica data, ma di attuale interesse. E’ questa l’operazione che compie Rossotti nel raccogliere storie riguardanti vari aspetti di Torino.
Il libro espone in brevi capitoli racconti curiosi, come per esempio la testimonianza dei padroni della stanza affittata da Nietzsche quando soggiornò nel capoluogo piemontese; oppure la ricostruzione della curiosa passione di Lombroso per l’esoterismo o ancora la ricostruzione di casi delittuosi che godettero di notevole attenzione nei secoli passati.
Le vicende narrate sono un gradevole pretesto per ricostruire nell’immaginario una città che nel tempo è stata più volte ristrutturata. Si ripercorrono così vie che non esistono più, si respirano atmosfere di un tempo lontano, si attribuisce un significato nuovo a luoghi che ancora esistono, più usurati dall’abitudine che dagli anni trascorsi. 
L’Autore usa uno stile da narratore di aneddoti, più che da saggista, e questa scelta conferisce un tono familiare e avvolgente ai racconti, facendo facilmente perdonare al lettore qualche riga un po’ più ampollosa. 
Altro aspetto interessante, un merito da tributare all’Autore, è il saper trasmettere un tratto peculiare di Torino, una mentalità condivisa, che resiste nel tempo, un modo di procedere che definirei sabaudo. 
Si trova, questo modo di essere torinese, nei caffè storici, nei salotti ovattati dei palazzi d’epoca, negli ambienti eleganti e austeri dei musei, nelle chiacchiere sottovoce dei passanti, nell’operosità degli artigiani, nello spirito laborioso e geniale di tante esperienze artistiche. 
Non c’è nulla di arrogante in questo orgoglio torinese, ma solo la consapevolezza di essere una città con grandi risorse, un laboratorio di ingegni, un luogo di cultura, che nei secoli ha dato vita a grandi personaggi e che ne ha attirati da tutto il mondo.

Un saggio piacevole, da leggere con simpatia e da regalare senza tema di brutte figure, a dispetto dell’edizione economica. Un libro che, in pieno spirito sabaudo, mantiene più di quanto promette. 

sabato 10 dicembre 2016

Le élite imparino l’umiltà o il populismo sarà trionfante

Autore: Stephen Hawking
Anno di Pubblicazione: 2016
Genere: Articolo
Recensione di: Chiara Bortolin
Pertanto faccio parte senza dubbio di quelle élite che recentemente, in America e in Gran Bretagna, sono oggetto di un inequivocabile rigetto. L’elettorato britannico ha deciso di uscire dall’Unione Europea, i cittadini americani hanno scelto Donald Trump come prossimo presidente.

E gli italiani hanno votato no a un referendum il cui contenuto costituzionale è stato pressoché ignorato a favore di un significato politico. 
l motivi per cui ho scelto di commentare questo articolo di Hawking, di cui il Lettore può leggere la versione integrale cliccando sul link del titolo, sono diversi.
Il primo è che trovo significativo che un’eccellenza della fisica si esponga in prima persona per esprime un’istanza politica. E’ mia viva speranza che questo sia di esempio ad altri esponenti illustri del mondo del sapere, che negli ultimi anni hanno abbandonato la scena pubblica a favore dei propri luoghi di studio e al più a qualche pubblicazione divulgativa. E’ ora che le menti più brillanti del genere umano tornino a prendere posizione in materie che esulano dalle loro ricerche, ma che hanno su di esse un inevitabile impatto negativo.
Il secondo motivo è che il tono appassionato ma pacato con cui il Fisico si esprime rammenta che si possono prendere posizioni ferme, senza brutalità verbali.
Il terzo motivo è che l’amore per il sapere non è mai esclusivo: ci si può orientare, se si è fortunati, specializzare, in un ambito della conoscenza, ma questa scelta non è escludente. Chi ama la cultura riconosce ogni forma di ingegno, lo esalta e si emoziona per i suoi successi in qualunque sfera dello scibile esso si manifesti.
In ultimo, ma primo per importanza, vanno sottolineati i concetti espressi con semplicità da Hawking.  L’articolo si apre con una constatazione: è evidente che sia in atto rifiuto nei confronti delle élite e che questo rifiuto stia dilagando. Seconda evidenza: queste masse hanno trovato interpreti che le hanno guidate nel dare forma compiuta alla protesta attraverso l’espressione di voto.
L’Autore si pone il dubbio di come le élite reagiranno di fronte a queste prese di posizione, a maggior ragione in considerazione del fatto che le cause scatenanti questo malcontento sono ormai inarrestabili e che le soluzioni, se ci sono, non sono di immediata attuazione. Non solo, è prevedibile, a detta di Hawking, che le disuguaglianze siano destinate ad aumentare. 
Ad aggravare la percezione delle differenze è intervenuto in modo determinante il diffondersi delle informazioni attraverso internet, che rende tutto noto in tempo reale, tutto più ampiamente visibile, tutto massificato. 
L’articolo si chiude con un elenco di problemi da affrontare, per il bene di tutti, e con un accorato appello alla cooperazione. 
I temi esposti sono di largo interesse e ciascuno di essi meriterebbe di essere sviluppato in tavoli di confronto. Mi permetto qui di sottolineare tre aspetti a me particolarmente cari, il primo di ordine storico, il secondo di ordine sociale, il terzo di ordine comunicativo.
Per quanto concerne la Storia, non è certo la prima volta che le masse si sollevano contro il potere costituito. A mia memoria, non è mai accaduto che questi moti si siano conclusi pacificamente. 
Per quanto attiene la questione sociale, è mia opinione che il concetto di élite andrebbe scorporato in almeno due grandi categorie: un conto sono i detentori del potere, un conto sono i detentori del sapere. 
Se non si effettua almeno questo distinguo, si offre agio ai sobillatori di mettere sullo stesso piano un affarista senza scrupoli e un ricercatore scientifico. Che coloro che studiano, si impegnano e investono, come Hawking, la loro vita a vantaggio del genere umano siano confusi con uno sfruttatore della povertà è indegno prima che scorretto. Che poi anche alcuni, non tutti, non la maggioranza, dei detentori del sapere abbiano accesso a risorse economiche importanti non può in nessun caso essere motivo di ostilità. L’invidia sociale non ha bisogno di ragioni, si alimenta di luoghi comuni, che come è noto, sono lontani dalle accademie.
Infine, l’aspetto relativo alla comunicazione. Internet e le sue varie applicazioni sono un eccellente strumento di diffusione del sapere, ma sfortunatamente anche dell’ignoranza. Contrariamente a quanto affermano soggetti interessati e coinvolti, la diffusione di internet non ha affatto reso più democratica l’informazione o l’accesso a essa. Il fatto che ciascuno possa rispondere a un post di un politico o possa condividere un pensiero con un numero di persone mediamente più elevato di quanto effettivamente ne conosca, non fa che appiattire il significato di tutto ciò che viene diffuso, in un marasma dove il singolo si incontra o si scontra con un altro, all’interno però di un contenitore che è di proprietà di un terzo.
Sebbene io mi ritenga un’ottimista, in questo contesto non ho ragione di credere in una soluzione rapida e indolore dei disagi collettivi. Piuttosto inizio a credere che questa insistente evocazione di democrazia stia assumendo i rigidi contorni di un insieme chiuso, in cui la Democrazia medesima non verrà però ammessa.

E’ mio auspicio che menti brillanti, come Hawking,  continuino a proporre soluzioni che io non posso intravedere, perché in ogni caso, in ogni tempo, le soluzioni consistenti sono sempre arrivate da uomini di ingegno.

sabato 3 dicembre 2016

Bullismo a scuola

Titolo: Bullismo a scuola
Autore: Dan Olweus
Anno di Pubblicazione: 1993
Genere: Saggio
Recensione di: Chiara Bortolin

Philip si suicidò dopo essere stato sistematicamente preso in giro e umiliato tre compagni di classe. Gli erano stati rubati gli appunti il giorno prima dell’esame, che fu costretto a sostenere ugualmente, con esito negativo. Timoroso di raccontare tutto ai suoi genitori, Philip scelse la morte. Rincasò da scuola e si appese con una una alla porta della sua camera da letto.

La parola bullismo, anche nella sua forma più tecnologicamente avanzata, cyber bullismo, è ormai ampiamente ricorrente nelle cronache come nelle chiacchiere. Come sovente accade, la diffusione del termine non sempre corrisponde alla diffusione della conoscenza del significato, né tanto meno della conoscenza del fenomeno.
Capita così che s verifichi un paradosso: che si gridi al bullismo là dove non c’è e viceversa si taccia dove si verifica. Scrivo paradosso, ma di paradossale c’è solo la manifesta incapacità da parte degli adulti di assumersi le proprie responsabilità.
Da un lato si riscontra la tendenza a patologizzare ogni problema: una persona malinconia è immediatamente depressa; una persona presa in giro, è immediatamente discriminata; un inconveniente è un trauma. 
Dall’altro lato si minimizza ogni problema reale: una famiglia indifferente è annoverata come spartana, un insegnante vile viene definito discreto, un educatore negligente è oberato dal lavoro.
In questo guazzabuglio, il libro di Olweus è un utile strumento di approfondimento per chiunque si interessi di minori. Il testo si apre con la riproposizione di alcuni fatti di cronaca volti a d dare una dimensione concreta al fenomeno.
Nelle pagine a seguire, Olweus, con buona organizzazione del pensiero, va a dare alcune linee guida: definizione del fenomeno, attori principali e secondari, modalità di identificazione dei protagonisti e  indicazioni pratiche per prevenire, diagnosticare e intervenire. Il saggio, nella versione italiana, si chiude con uno studio svolto nel nostro Paese.
Dalla pubblicazione sono passati parecchi anni, manca in effetti una sezione riguardante la versione cibernetica del bullismo, oggi alla ribalta non solo nei per ciò che attiene ai minori. Nonostante ciò, l’analisi proposta è attuale, convincente e utile, perché la tecnologia è solo un mezzo attraverso cui esprimere la crudeltà, ma le dinamiche scatenanti non sono affatto diverse.
Il testo appare un vademecum prezioso per chi non abbia una formazione specifica in ambito psicologico, ma abbia a che fare con minori frequentemente. L’impostazione divulgativa ha il pregio di unire la teoria alla pratica, mediante molti esempi, aneddoti e fatti di cronaca. Questo naturalmente rende il testo anche scorrevole, fruibile anche ai non addetti ai lavori e di immediata comprensione.

Come tutto ciò che attiene all’animo umano, la comprensione è tanto maggiore quanto più il lettore è disposto a considerarsi un potenziale attore. Conoscere meglio il fenomeno del bullismo è utile in ogni caso:  per un verso a evitare inutili allarmismi, dall’altro lato a evitare che certe situazioni degenerino tragicamente . Con metodo, con cuore e, perché no, con un po’ di sano  bistrattato buon senso.

Dedica

Ad Andrea, certo che 'l trapassar dentro è leggero