sabato 10 dicembre 2016

Le élite imparino l’umiltà o il populismo sarà trionfante

Autore: Stephen Hawking
Anno di Pubblicazione: 2016
Genere: Articolo
Recensione di: Chiara Bortolin
Pertanto faccio parte senza dubbio di quelle élite che recentemente, in America e in Gran Bretagna, sono oggetto di un inequivocabile rigetto. L’elettorato britannico ha deciso di uscire dall’Unione Europea, i cittadini americani hanno scelto Donald Trump come prossimo presidente.

E gli italiani hanno votato no a un referendum il cui contenuto costituzionale è stato pressoché ignorato a favore di un significato politico. 
l motivi per cui ho scelto di commentare questo articolo di Hawking, di cui il Lettore può leggere la versione integrale cliccando sul link del titolo, sono diversi.
Il primo è che trovo significativo che un’eccellenza della fisica si esponga in prima persona per esprime un’istanza politica. E’ mia viva speranza che questo sia di esempio ad altri esponenti illustri del mondo del sapere, che negli ultimi anni hanno abbandonato la scena pubblica a favore dei propri luoghi di studio e al più a qualche pubblicazione divulgativa. E’ ora che le menti più brillanti del genere umano tornino a prendere posizione in materie che esulano dalle loro ricerche, ma che hanno su di esse un inevitabile impatto negativo.
Il secondo motivo è che il tono appassionato ma pacato con cui il Fisico si esprime rammenta che si possono prendere posizioni ferme, senza brutalità verbali.
Il terzo motivo è che l’amore per il sapere non è mai esclusivo: ci si può orientare, se si è fortunati, specializzare, in un ambito della conoscenza, ma questa scelta non è escludente. Chi ama la cultura riconosce ogni forma di ingegno, lo esalta e si emoziona per i suoi successi in qualunque sfera dello scibile esso si manifesti.
In ultimo, ma primo per importanza, vanno sottolineati i concetti espressi con semplicità da Hawking.  L’articolo si apre con una constatazione: è evidente che sia in atto rifiuto nei confronti delle élite e che questo rifiuto stia dilagando. Seconda evidenza: queste masse hanno trovato interpreti che le hanno guidate nel dare forma compiuta alla protesta attraverso l’espressione di voto.
L’Autore si pone il dubbio di come le élite reagiranno di fronte a queste prese di posizione, a maggior ragione in considerazione del fatto che le cause scatenanti questo malcontento sono ormai inarrestabili e che le soluzioni, se ci sono, non sono di immediata attuazione. Non solo, è prevedibile, a detta di Hawking, che le disuguaglianze siano destinate ad aumentare. 
Ad aggravare la percezione delle differenze è intervenuto in modo determinante il diffondersi delle informazioni attraverso internet, che rende tutto noto in tempo reale, tutto più ampiamente visibile, tutto massificato. 
L’articolo si chiude con un elenco di problemi da affrontare, per il bene di tutti, e con un accorato appello alla cooperazione. 
I temi esposti sono di largo interesse e ciascuno di essi meriterebbe di essere sviluppato in tavoli di confronto. Mi permetto qui di sottolineare tre aspetti a me particolarmente cari, il primo di ordine storico, il secondo di ordine sociale, il terzo di ordine comunicativo.
Per quanto concerne la Storia, non è certo la prima volta che le masse si sollevano contro il potere costituito. A mia memoria, non è mai accaduto che questi moti si siano conclusi pacificamente. 
Per quanto attiene la questione sociale, è mia opinione che il concetto di élite andrebbe scorporato in almeno due grandi categorie: un conto sono i detentori del potere, un conto sono i detentori del sapere. 
Se non si effettua almeno questo distinguo, si offre agio ai sobillatori di mettere sullo stesso piano un affarista senza scrupoli e un ricercatore scientifico. Che coloro che studiano, si impegnano e investono, come Hawking, la loro vita a vantaggio del genere umano siano confusi con uno sfruttatore della povertà è indegno prima che scorretto. Che poi anche alcuni, non tutti, non la maggioranza, dei detentori del sapere abbiano accesso a risorse economiche importanti non può in nessun caso essere motivo di ostilità. L’invidia sociale non ha bisogno di ragioni, si alimenta di luoghi comuni, che come è noto, sono lontani dalle accademie.
Infine, l’aspetto relativo alla comunicazione. Internet e le sue varie applicazioni sono un eccellente strumento di diffusione del sapere, ma sfortunatamente anche dell’ignoranza. Contrariamente a quanto affermano soggetti interessati e coinvolti, la diffusione di internet non ha affatto reso più democratica l’informazione o l’accesso a essa. Il fatto che ciascuno possa rispondere a un post di un politico o possa condividere un pensiero con un numero di persone mediamente più elevato di quanto effettivamente ne conosca, non fa che appiattire il significato di tutto ciò che viene diffuso, in un marasma dove il singolo si incontra o si scontra con un altro, all’interno però di un contenitore che è di proprietà di un terzo.
Sebbene io mi ritenga un’ottimista, in questo contesto non ho ragione di credere in una soluzione rapida e indolore dei disagi collettivi. Piuttosto inizio a credere che questa insistente evocazione di democrazia stia assumendo i rigidi contorni di un insieme chiuso, in cui la Democrazia medesima non verrà però ammessa.

E’ mio auspicio che menti brillanti, come Hawking,  continuino a proporre soluzioni che io non posso intravedere, perché in ogni caso, in ogni tempo, le soluzioni consistenti sono sempre arrivate da uomini di ingegno.

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Dedica

Ad Andrea, certo che 'l trapassar dentro è leggero