Titolo: Viaggio al Termine della Notte
Autore: L. F. Celine
Prima edizione: 1932
Genere: Romanzo
Per chi vuole conoscere un po' di inizio secolo.
Questo per me è il più
bel manifesto d’amore che il Novecento ci abbia lasciato. Il perché lo
spiegherò tra poco, ma prima vorrei che la leggessi, con dolcezza, con
attenzione, con dedizione, come leggeresti una confidenza in un diario.
L’abbracciai forte,
Molly, con tutto il coraggio che ancora avevo nella carcassa. Provavo una gran
pena, autentica, per una volta, per me, per lei, per tutti gli uomini.
E’ forse questo che
cerchiamo, nient'altro che questo, provare la più gran pena possibile, per essere noi stessi almeno una
volta, prima di morire.
Sono passati lunghi anni
da quella partenza e poi ancora anni.
Ho scritto sovente a
Detroit, a tutti gli indirizzi che mi ricordavo, a tutti quelli
che potevano conoscerla, seguirla, Molly. Non ho mai ricevuto
risposta. Il casino adesso è chiuso, è tutto quello che ho potuto sapere.
Buona, ammirevole,
Molly. Vorrei che lei sapesse, se ancora mi può leggere da qualche parte,
in qualche posto che non conosco, che l’amo ancora e sempre, a modo mio, che
non sono cambiato per lei e che se vuole può raggiungermi, per dividere il mio pane
e il mio destino furtivo. E se non è più bella, ebbene, tanto peggio! Ho
conservato tanta della sua bellezza così calda, così viva, dentro di me, che ne
ho ancora per tutti e due, per vent’anni almeno, il tempo di arrivare alla
fine.
C’è voluta proprio
della follia per lasciarla, della specie più brutta e fredda! In ogni caso ho
conservato la mia anima fino a oggi e se la morte domani dovesse arrivare, non
sarei mai, ne sono certo, così freddo, cinico e volgare come tutti gli
altri, per quel po’ di gentilezza e di sogno che Molly mi ha regalato in pochi
mesi d’America.
Se pensi che non sia una vera e propria lettera hai ragione, perché è la chiusura di un capitolo del Viaggio al Termine della Notte. Curiosamente a tutti coloro che leggono il Voyage, questo stralcio lascia l’impressione di una lettera. Una meravigliosa lettera d’amore.
Molly, come non voler
essere Molly? Molly che è bella, buona, gentile, ammirevole. Che, detto da un cinico
come L.F. Céline, voglio dire, non è cosa da niente! Nessun parolone,
nessuna iperbole, nessuna esaltazione. Sono così semplici eppure così rari
questi aggettivi!
Molly è una prostituta, l’ultima icona di bellezza che verrebbe in mente, dopo secoli di Beatrici, la poesia è in una puttana. Non è a caso, intendiamoci.
Il Novecento non aveva
portato nulla di buono: un conflitto mondiale devastante, il crollo degli
antichi Imperi, il crollo delle ideologie. Quando saltano gli schemi, e sono
saltati tutti gli schemi, anche l’arte, che anzi anticipa la catastrofe, non
può ritrovarsi nei canoni classici.
La bellezza non può più
essere in Beatrice, in Laura o in Angelica. Non può esserci una bellezza
ideale, se gli ideali sono svaniti.
Bisogna cercare la bellezza
altrove, come aveva fatto Don Chisciotte, che per Dulcinea lottava contro
i mulini a vento. Ma Don Chisciotte di Dulcinea, anche lei una
prostituta, aveva creduto di farne una principessa, aveva ancora
tentato di vestire di immaginario la realtà.
Di fronte all’orrore che l’umanità ha prodotto, la bellezza non può più essere fuori nel mondo, ma deve essere dentro, nell’animo. Se la bellezza c’è ancora è tutta interiore e conservata, così viva e così calda.
Si conserva, come si
può, a modo proprio, che è forse l’unico modo che resta. Senza cambiare,
essendo se stessi, fino alla follia. Anzi, un amore così forte, che permette di
essere quello che si è, che realizza nelle altezze del sogno e nella
vigliaccheria della fuga. Un amore così dentro di sé, che non ha bisogno di
essere nel mondo. Un amore che non ha neanche bisogno dell’oggetto dell’amore.
Molly sarà invecchiata, sarà forse imbruttita, sarà forse cambiata. Pazienza. L’amore
non conserva solo se stesso, ma anche chi viene amato.
Non sono cambiato per te. Se l’amore riesce a conservarsi, a conservarci, se l’amore è la garanzia di trovare noi stessi, di farci incontrare noi stessi, anche solo per un inverno, ecco che il sogno ci può ancora essere.
Nonostante l’orrore, avendo conosciuto l’orrore. Nonostante tutto ti amo ancora e sempre, a modo mio.
Il Novecento non poteva offrire niente di meglio. Le tragedie di inizio secolo sono solo il preludio di quelle ben peggiori che ne seguiranno, dove veramente il sonno della ragione genera mostri.
Dopo la Seconda Guerra
mondiale, i totalitarismi, i muri che divisero il mondo, non resterà che un
pavesiano Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
E il mattino dopo,
smaltita la sbronza di falsi miti, di cattivi maestri e di tutti i luoghi più
comuni e più feroci, sarà tutto da reinventare.
Si cercherà di
ricordarci il sublime nella Vergine delle Rocce, nella Pietà,
nella Primavera, nell’immaginario, ma nel reale, io credo,
sarebbe già molto accontentarsi di regalare un po’ di gentilezza e di
sogno.
Sarebbe già molto
essere Molly.
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