Autore: MargalitAvishai
Prima Edizione: 1998
Genere: Saggio
Recensione di: C. Bortolin
Per tutti coloro che si impegnano ogni giorno per rendere la nostra società più decente.
Questolibro è un buon esempio di saggio filosofico. Nella prima parte è presentata la
tesi, nella seconda sono definiti i presupposti concettuali, nella terza è
argomentata la tesi e da ultimo sono esposte le conclusioni.
Se per curiosità o per interesse, si intende affrontare un percorso all’interno del mondo filosofico, questo saggio, nella sua interezza, è certamente un buon viatico. Se invece ci si vuole fermare al concetto cardine, è sufficiente la lettura della prima parte.
Spiega, il Professor Margalit, come da secoli i pensatori dibattano circa il concetto di società giusta. Tutti concordano sul fondamento della società giusta, ovvero un’equa redistribuzione delle risorse, ma cosa sia effettivamente equo è tema spinoso. Si potrebbe considerare equo ridistribuire in base al bisogno, altrettanto equo potrebbe essere considerato ridistribuire in base ai meriti o alle capacità o ancora tentare delle mediazioni tra necessità e capacità.
Di fronte a questo problema, il Professor Margalit, suggerisce un approccio differente.
Il problema urgente non era di realizzare una società giusta, ma piuttosto la società decente.
Che cos’è la società decente? La risposta che suggerisco in prima istanza è la seguente: una società decente è una società in cui le istituzioni non umiliano le persone.
La società decente viene così definita, in negativo, come una società che non umilia. Il concetto è semplice: una società in cui ogni cittadino si sente parte integrante di un sistema, responsabile del buon andamento della cosa pubblica e soddisfatto dalla partecipazione degli altri, è una società decente. Viceversa, ogni società in cui un cittadino si sente vittima o attore passivo è una società indecente.
Potrebbe sembrare a primo impatto che il concetto del Professor Margalit sia sì interessante, ma, come spesso si immagina dei concetti filosofici, resti un esercizio del pensiero fine a se stesso.
Vorrei provare a dimostrare che, al contrario, i concetti filosofici hanno un’applicazione pratica. Per fare questo, senza troppa fantasia, lo ammetto, provo a spiegare perché, a mio avviso, non solo la società italiana non è una società giusta, ma non è nemmeno una società decente, ovvero, più brutalmente, è una società indecente.
La società italiana è indecente quando un cittadino affetto da disabilità grave e gravissima, come un malato di SLA, riceve le cure necessarie alla sopravvivenza, ma non a una vita dignitosa, per mancanza di fondi. Per contro è indecente quel cittadino che, affetto da fancazzismo cronico, aggravato da delinquenza congenita, accede a sussidi di invalidità a cui non avrebbe diritto.
La
società italiana è indecente quando un imprenditore onesto è costretto a
cessare la propria attività, oppresso dalle tasse e sbaragliato dalla
concorrenza sleale degli imprenditori disonesti. Per contro è indicente
quell’imprenditore che, adducendo una presunta legittima difesa fiscale, si
arricchisce alle spalle dei contribuenti, dei concorrenti e dei dipendenti.
La società italiana è indecente quando un cittadino si vede negare o rimandare o dislocare cure ospedaliere, per tagli orizzontali al bilancio. Per contro è indecente quel dipendente delle strutture sanitarie che percepisce uno stipendio senza erogare il proprio lavoro, che campa di competenze altrui non avendone di proprie, che sottrae attrezzature, oggetti e farmaci perché essendo di tutti li reputa di nessuno.
La società italiana è indecente quando a un cittadino straniero minore viene negata la possibilità istituzionale di un corso di lingua italiana propedeutica alla scolarizzazione con la motivazione che sarebbe discriminatorio. Per contro è indecente quel cittadino italiano che considera integrazione eliminare alcuni alimenti dalle mense, affidare a un cittadino straniero mansioni rifiutate dai cittadini italiani, rinunciare alle proprie tradizioni perché diverse da quelle altrui.
La società italiana è indecente quando permette a un cittadino di confondere il diritto alla casa con il diritto a non pagarla, a confondere il diritto al lavoro con la pretesa di uno stipendio, a vantare come diritto il perpetuarsi di un privilegio. Per contro è indecente quel cittadino che, pur avendo avuto la possibilità di accedere allo studio attraverso contributi pubblici, non porta a termine il percorso scolastico; quel cittadino che, pur usufruendo di un accompagnamento economico, non lo usa per migliorare la propria condizione; quel cittadino che, pur potendo accedere alle cure mediche di un ambulatorio, preferisce affollare un pronto soccorso.
Questi sono solo alcuni esempi, pochissimi rispetto alla quotidianità in cui viviamo, che costringono, a malincuore, ad affermare che la società italiana è indecente. Ma ciò che ancora più profondamente ferisce un animo idealista, nel senso filosofico del termine, è la causa scatenante: la società italiana è indecente perché la maggioranza, che definisce in democrazia il connotato della società, è indecente.
Diceva il mio Professore di Filosofia del Liceo che la mia inclinazione a cercare un riscontro pratico alla filosofa aveva un che di volgare, nella misura in cui dimenticavo che i grandi pensatori erano soliti nutrire l’anima e trascurare il corpo, ché il pensiero ha questo di sgradevole, che non produce pane.
Aveva certamente ragione. Se non altro perché coloro i quali hanno fatto della filosofia un reddito, si limitano, esclusa qualche eccezione, a spiegare la teoria dalle cattedre e la pratica dai consigli di amministrazione, avendo la capacità di sommare profitti, ma raramente di produrre idee.
E se anche le idee hanno un prezzo, e non un valore, in questo millennio di crisi continueremo ad accontentarci di quelle a buon mercato.
Questo non ci permetterà di costruire una società più giusta.
Questo non ci permetterà nemmeno di avere una società più decente, ma forse di condividere lo sdegno, per poi tornare a sentirsi furbi quando si ottengono dei piccoli vantaggi o perseguitati quando non ci si riesce.
Se ognuno di noi facesse il suo, senza recriminazioni futili, parlando ogni tanto di doveri e non solo di diritti, sarebbe una società decente.. Spetta a tutti, non solo agli intellettuali, denunciare queste carenze e attivarsi per migliorare la situazione...
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