Titolo: Frankenstein o il moderno
Prometeo
Anno di pubblicazione: 1818
Genere: Romanzo
Per chi vuol leggere un bel romanzo,
divertente, stimolante e ben scritto.
Vedi, alla fine aveva ragione Carmelo
Bene quando se la prendeva con il significante che confonde il significato, il
sasso in bocca che non permette il passaggio d’informazione. Perché in questo
caso il significante, il nome, è rimasto lì, piantato sulla copertina del libro
e il significato è scappato.
Inizio così perché il Frankenstein non è
il mostro, no, il mostro lo è diventato nel senso comune, Frankenstein è lo
scienziato che lo ha creato! Eppure oggi se vogliamo sostenere che una persona
sia brutta, usiamo ancora affibbiare questo macabro soprannome. Di solito
aggiungiamo anche, a ribadire il concetto, “E’ un mostro”.
Dovremmo anche chiederci perché. Voglio
dire, il fatto di essere brutti, nel senso estetico, non ha nessuna attinenza
con il fatto di essere un mostro, che invece si riferisce a una
caratteristica morale. Forse è quell’antico e infantile desiderio di dare un
volto ai mostri, che devono essere brutti per essere individuati. Come si
soleva dire: “Dio marchia i cattivi perché siano riconoscibili”.
Il mostro del racconto, se leggi bene, è
brutto perché sproporzionato, perché assemblato dalla mano dello scienziato che,
insomma, voleva creare la vita, mica renderla bella.
«Ero
dotato di un aspetto spaventosamente deforme e ripugnante; non ero neppure
della stessa natura dell’uomo»
Bisogna dire che la Scrittrice avvisa
subito il suo lettore, fin dal titolo. Frankenstein o il moderno Prometeo.
Ora, noi non siamo più tanto abituati a rimandi della cultura classica, ma per
un lettore dell’Ottocento il titolo era già evocativo.
Prometeo era un eroe della mitologia
greca che aveva sfidato Zeus regalando agli uomini prima l’intelligenza e poi
il fuoco. Neanche a dirlo, Zeus non l’aveva presa bene e aveva condannato a una
morte orrenda il buon Prometeo.
Il lettore dell’Ottocento capiva
immediatamente il concetto cardine: il protagonista del romanzo era un qualcuno
che sfidava Dio e quale sfida maggiore verso Dio se non l’atto del creare?
«Dopo
giorni e notti di un lavoro e di una fatica incredibili, riuscii a scoprire le
cause della generazione della vita; anzi, di più, divenni io stesso capace di
dare animazione alla natura morta»
Il tema è piuttosto attuale. La scienza
che si sostituisce a Dio e la fede che non è più rivolta verso un’Entità Suprema,
ma ai detentori della conoscenza. La scienza è la nuova fede, il nuovo
misticismo.
Certo nell’Ottocento la scienza aveva
fatto dei passi da gigante, grazie soprattutto alla cultura Illuminista che
aveva operato per ottenere dei metodi nuovi di ragionare, dei metodi oggettivi,
che avessero un riscontro, quello che ora noi diamo per scontato: il metodo
scientifico.
Gli Illuministi avevano dato il via, con
una fiducia e un ottimismo senza eguali: erano davvero convinti che la Scienza
avrebbe migliorato l’Umanità.
Nell’Ottocento l’ardore si era però
raffreddato e se ancora molti pensatori si concentravano sulla definizione di
Scienza, su che cosa fosse Scienza e che cosa non lo fosse, molti altri
iniziavano anzitempo a sollevare dei dubbi sui limiti della Stessa, se lontana
dal Pensiero.
Non è certo un caso che proprio nel
secolo in cui medici, chimici, biologi, avevano fatto scoperte fondamentali, i
letterati si erano immersi nella ricerca dell’uomo come emozione, sentimento,
sensibilità: il Romanticismo.
Tra l’esaltazione della scienza e
l’esaltazione dei sentimenti, si insinuano le paure: che sarà dell’uomo?
Il bello di tutto ciò è che a questa
domanda non abbiamo ancora risposto. La Scienza del Novecento ha fatto scoperte
mirabolanti, la tecnologia ha inventato strumenti eccezionali, le ideologie
hanno sopraffatto l’idea di Dio e lo hanno fatto rinascere sotto mentite
spoglie, in tutte le declinazioni possibili e immaginabili; tutti siamo ancora
qui: che ne sarà dell’uomo?
Che ne sarà dei nuovi Frankenstein,
delle intelligenze artificiali, della medicina che dà e toglie la vita, dei
sentimenti?
Perché il mostro, misero anche lui, è
mostro solo perché non ha sentimenti. Non può averne, è una creatura nata
dall’ingegno umano, non dall’uomo, è un prodotto della mente non della natura,
è anaffettivo per definizione.
Questo mostro che non è nato dalle leggi
di natura, ma che si adatta alle leggi di natura e lotta per sopravvivere,
uccidendo… chi, se non il suo dio in camice?
«L’invenzione
non è una creazione dal nulla, bensì dal caos»
Un romanzo bellissimo, di grande
attualità, nei temi e nei toni. Un romanzo elegante, scritto da una donna di
grande cultura e di grande intelligenza, sposata a uno dei più famosi poeti
romantici.
Ironia della sorte, in copertina, di
solito leggiamo come autrice Mary Shelley, ma questo è il cognome del marito:
anche lei sfuggi al suo nome? Anche lei diventò un significante che necessitava
ancora di veder precisato il proprio significato?