venerdì 22 maggio 2015

1984


Autore: George Orwell

Titolo: 1984

Anno di Pubblicazione 1948

Genere: Romanzo

Recensione di: Chiara Bortolin

Tu sei sicuro di non essere il Grande Fratello?
 
 
Ci sono le utopie e ci sono le distopie, poi c’è l’immondezzaio dell’umanità che di immenso ha solo la dimensione. 

Intendo dire: per immaginare un mondo perfetto ci va una certa immotivata fiducia negli uomini; per immaginare una distopia, l’esperienza ha già notevolmente aiutato; ma per realizzare che un concetto come quello di Grande Fratello si riducesse a essere lo spioncino degli annoiati sulla vita degli incapaci, era necessaria una crudele realtà.

D’altra parte non nutrivano per gli eventi pubblici neanche quell’interesse minimo per capire che cosa stava accadendo. L’incapacità di comprendere salvaguardava la loro integrità mentale. Ignoravano tutto, senza batter ciglio, e ciò che ingoiavano non le faceva soffrire perché non lasciava traccia alunna, allo stesso modo in cui un chicco di grano passa indigerito attraverso il corpo di un uccello.

Ecco qui il futuro che George Orwell, nel 1948, intuisce, piuttosto prossimo: il 1984. Appena fuori dall’esperienza totalitaria, l’Autore immagina una società sottoposta a omologazione, succube del potere, instupidita dal quotidiano: un nuovo totalitarismo che, non troppo diverso dal vecchio, si fonda sulla mancanza di consapevolezza.

Il Grande Fratello detiene il controllo attraverso un mezzo tecnologico innovativo: le telecamere. Tutti sono spiati, sempre, ovunque, con chiunque. 

Chiaramente il potere si esercita in molti altri modi, come la storia, e non la creatività, ci hanno insegnato, per esempio con la manipolazione della cultura, con la distribuzione delle risorse economiche o con il terrore.

Ma come in tutti i totalitarismi, come in tutte le utopie, che una volta realizzate non possono che diventare l’incubo di se sesse, c’è sempre qualcuno che esce dagli schemi.

Era un solitario fantasma che proclamava una verità che nessuno avrebbe mai udita. Ma per tutto il tempo impiegato a proclamarla, in un qualche misterioso modo la continuità non sarebbe stata interrotta. Non era con il farsi udire, ma con il resistere alla stupidità che si sarebbe potuta portare innanzi la propria eredità d0uomo.

Winston, il protagonista, integrato nel sistema, assorbito da esso, si accorge, pian piano, confutando se stesso, di non essere libero. Gli accade ciò che solo a un uomo può accadere: si innamora. E l’amore, che in questo contesto non ha nulla di romantico o di patinato, è il propellente per diventare consapevole.

Questa sarà la sua condanna. Ovvio. Ma questa è la vera utopia che si nasconde nella distopia di Orwell: che ci sia sempre un uomo, un Uomo, consapevole. 

C’è qualcosa di beffardo nella storia del Grande Fratello. L’innovazione che Orwell introduce, l’uso di telecamere diffuse in ogni strada, in ogni luogo di lavoro, è davvero fantascienza nel 1948. Per questo il Grande Fratello sembra così terribile, perché non esiste. Una specie di Uomo Nero per gli adulti.

Trent’anni dopo l’anno di ambientazione del romanzo: telecamere di sorveglianza in casa, al supermercato, in banca; Google Earth Google Street; satelliti per lo spionaggio internazionale; ma ancora di più nei nostri pc, nei nostri telefoni, nei nostri appartamenti. E tutto questo non ci fa più paura. Anzi: ci piace parlare con nostro zio in Australia e guardare fuori dalla sua finestra; ci piace condividere il panorama mozzafiato della scalata che abbiamo appena compiuto; e come rinunciare a un selfie con la migliore amica nel camerino di un negozio d’abbigliamento?!

Non ci sarebbe mai arrivato, Orwell, con tutta la sua sfiduciata fantasia. Non avrebbe creduto che noi posteri avremmo amato il Grande Fratello, che ne saremmo anzi stati accalorati sostenitori, impagabili fagocitatori della nostra privacy. Non sarebbe mai arrivato a pensare che noi saremmo stati il Grande Fratello.

Il Grande Fratello Vi guarda. Il monito che appariva ovunque per ricordare ai concittadini di Winston di essere sotto controllo. 

Non ci sarebbe mai arrivato Orwell a pensare che noi avremmo inocato con i nostri commenti su Facebook, con le nostre condivisioni su TripAdvisor, con i nostri geolocalizzatori, Grande Fratello, ti prego, guardami.

Non avrebbe mai immaginato, Orwell, che il Grande Fratello potesse esistere sul serio, pronto a rubarci i dati delle carte di credito, a sottrarci informazioni personali mentre facciamo un quiz, a rubarci l’identità con un clic.

Potremmo però noi immaginare una nuova utopia e sperare che il Grande Fratello sia un fratello maggiore, che ci protegge, nelle camere di ospedale, in un incidente stradale, durante un’aggressione e non un fratellastro che ci tradisce, infettandoci con un virus, privandoci dei nostri segreti, intercettando la nostra posizione per derubarci nell’androne di casa.

O forse, forse dovremmo iniziare a pensare che il Grande Fratello non sia un ente esterno a noi, ma la somma di noi tutti. Osservati e osservanti che compongono un unico sistema che si auto-alimenta e si auto-condiziona.

Se così fosse, chi potrebbe mai diventare, nella realtà altrettanto inquietante, il controllo del romanzo di Orwell? Non sia mai l’uomo il quale, per scelta o per necessità, risulti esterno al sistema stesso.
 
Non devi neanche pensare, Winston, che i posteri ti renderanno giustizia. I posteri non sapranno mai nulla di te. Tu sarai cancellato totalmente dal corso della storia (…) Di te non resterà nulla, né il nome in qualche archivio, né il ricordo nella mente di qualche essere vivente. Tu sarai annientato, sia nel passato, sia nel futuro.

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Dedica

Ad Andrea, certo che 'l trapassar dentro è leggero