Il
25 novembre c'è stata la Giornata contro la Violenza sulle Donne: ci
sono state trasmissioni tv, film, convegni dedicati a questo tema.
Come sempre sono stati riportati i dati e le stime di questo fenomeno
sociale e come sempre è rimbalzata di bocca in bocca, di articolo in
articolo, la parola Femminicidio.
Ecco,
io mi fermo qui: io odio questa parola. E' di una bruttezza che
rasenta l'osceno perchè il contenuto che trasmette, se possibile, è
ancora più brutto del suo significato.
Prima
di tutto è brutta la sua genesi linguistica. Il sostantivo femmina
si usa in due contesti: nel linguaggio scientifico per definire il
genere biologico; nel linguaggio infantile, quando i bambini
iniziano a dividere
in categoria il mondo.
Femmina
non è neanche lontanamente equivalente a donna.
Femminicidio
significa letteralmente uccisione
di una femmina, il
che è molto lontano dal descrivere l’omicidio di una donna.
Di
per sé poi questa parola è del tutto inutile,sia da un punto di
vista linguistico sia da una un punto di vista giuridico, dal momento
che esiste già un termine, uxoricidio,
che esprime esattamente il concetto di un marito che uccide la
moglie. L’unico motivo per cui può essere stato coniato un termine
così sciatto è che si considera la pubblica opinione
fondamentalmente ignorante e incapace, per cui, come erroneamente si
fa con i bambini, invece di spiegare la complessità dei fenomeni, si
semplificano le parole, tradendo sia i fenomeni, sia le parole.
Come
non bastasse, femminicidio
rappresenta una contraddizione in termini: coniata per denunciare un
fenomeno sociale che si basa sulla discriminazione di genere, trae le
sue origini dalla stessa presunzione di differenza di genere.
Dulcis
in fundo, si riduce la storia di una persona
al suo epilogo, al suo essere vittima, nulla più. Tutta la ricchezza
che questa persona ha portato in sé non conta più niente, sepolto
non solo dalla violenza del gesto ma della riduzione con cui il gesto
viene descritto.
Se
si vuole davvero lavorare per ridurre questo fenomeno, il primo passo
è tornare a chiamare gli elementi con i loro nomi, cercando di
essere il più precisi possibile, perchè la verità delle
spiegazioni passa dalla correttezza delle parole. Non ci sono belle
parole per esprime un dramma, ma ci sono brutte parole che lo
aggravano: femminicidio
è
una di queste.
Se
non si può intervenire direttamente nel ridurre la violenza dei
fatti, si può però evitare la violenza delle parole. Mai più
femminicidio.