venerdì 20 novembre 2015

Il Manifesto del Partito Comunista

Titolo: Il Manifesto del Partito Comunista

Autori: Karl Marx e Friedrich Engels

Anno di pubblicazione: 1848

Genere: Saggio

Recensione di Chiara Bortolin

Prima di tutto, io non sono mai stato marxista. Queste si narra siano state le ultime parole di Marx. Scrivo questo perché mi pare essere una premessa metodologica importante se ci si accinge a leggere questo testo per la prima volta.

E se si prende in mano questo libro per la sua fama, magari con il desiderio di approfondire un argomento, è bene sgomberare la mente da tutta una serie di luoghi comuni.

Punto numero uno: Marx non era un politico, ma un economista. Punto numero due: Marx era un teorico, non un rivoluzionario. Punto numero tre: Marx non si è mai rivolto al popolo, ma alla ristretta cerchia di intellettuali europei che nei salotti e nelle riviste dibattevano di filosofia.

Punto numero quattro, fondamentale, l’opera di Marx si può dividere in due parti: l’analisi e la profezia. L’analisi che fa Marx dell’evoluzione sociale legata all’evoluzione della distribuzione delle ricchezze è la vera teoria dirompente e illuminante. La profezia, ovvero, ciò che Marx considerava, sul lungo termine, l’evoluzione futura delle condizioni che aveva considerato non si realizzò, né per portata né per qualità.

Non che sia un torto di Marx, anzi, è una costante: gli intellettuali, gli studiosi, i filosofi, anche più brillanti, hanno sempre espresso la loro bravura nel comprendere il passato, l’eccezionalità nel comprendere i propri tempi, ma hanno sempre preso cantonate nel prevede il futuro. Talvolta ce ne si dimentica.

Infine, è necessario avere profondità storica. Il Manifesto fu scritto nel 1848. Se si rispolvera qualche nozione di storia, si può immaginare l’Europa del tempo. Tanto per dire: l’Italia non era uno Stato Unitario, in Francia si combatte la cosiddetta terza rivoluzione francese che porta alla proclamazione della Repubblica, in Inghilterra era iniziato il Regno vittoriano.

Il grande cambiamento che Marx comprende riguarda l’economia. Marx constata che la distribuzione della risorse è definibile nei secoli come un rapporto basato sulla ricchezza di pochi e la povertà di molti, in un rapporto dialettico di oppressori e di oppressi, ovvero che la storia è leggibile come una storia di lotte di classe. Ogni grande scarto storico, ha comportato una ridefinizione delle classi sociali oppure la loro cessazione.

Con l’avvento dell’epoca moderna, un insieme di fattori ha però comportato un grande mutamento nel determinare la distribuzione della ricchezza. Nella dialettica tra aristocrazia e plebe, si inserisce una nuova classe sociale, la borghesia, che sconvolge gli equilibri, o squilibri, resistenti.

Questa nuova classe non gode di una ricchezza da perpetuare, come l’aristocrazia, ma gode di una ricchezza che produce. La borghesia crea ex novo la ricchezze e la sua forza non è nella tradizione, ma nel denaro, nel capitale.

In questa cornice, anche le classi subalterne subiscono un mutamento, creando un corrispettivo alla borghesia, il proletariato, ovvero chi ha come unico bene la propria prole, che rappresenta forza lavoro.

L’analisi strutturale che Marx descrive è molto articolata, ma punto focale è la constatazione che a determinare gli assetti sociali non è più il potere così come conosciuto fino ad allora, ma l’economia, non la politica, ma il denaro, non la dialettica del diritto, ma della capacità di influenzarlo.

Marx non immaginava nulla di ciò che accadde successivamente alla diffusione delle sue idee: non poteva prevedere che le sue idee non gli sarebbero più appartenute, non immaginava che sarebbero state tradotte in attuazioni pratiche, tanto meno avrebbe potuto immaginare che venissero istituiti dei regimi che lo avrebbero messo a baluardo.

Con una punta di cinismo, Marx fu vittima del concetto cardine che aveva teorizzato: tutto è deciso dall’economia. E nell’epoca storica che lui stesso aveva definito capitalista molti impararono rapidamente la lezione, altri la fraintesero, altri la rifiutarono. Ma se si getta uno sguardo indietro, se si prova a ricordare un po’ la storia, probabilmente aveva buon diritto a proclamare di non essere mai stato marxista. 

Nota:
Il testo è disponibile gratuitamente on line. Si consiglia tuttavia, in prima lettura, di acquistare un'edizione critica, che assicuri una traduzione fedele e che sia corredata da una spiegazione introduttiva, preferibilmente curata da storici.

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Dedica

Ad Andrea, certo che 'l trapassar dentro è leggero