venerdì 27 novembre 2015

Mai più Femminicidio

Il 25 novembre c'è stata la Giornata contro la Violenza sulle Donne: ci sono state trasmissioni tv, film, convegni dedicati a questo tema. Come sempre sono stati riportati i dati e le stime di questo fenomeno sociale e come sempre è rimbalzata di bocca in bocca, di articolo in articolo, la parola Femminicidio.
Ecco, io mi fermo qui: io odio questa parola. E' di una bruttezza che rasenta l'osceno perchè il contenuto che trasmette, se possibile, è ancora più brutto del suo significato.
Prima di tutto è brutta la sua genesi linguistica. Il sostantivo femmina si usa in due contesti: nel linguaggio scientifico per definire il genere biologico; nel linguaggio infantile, quando i bambini iniziano a dividere in categoria il mondo.
Femmina non è neanche lontanamente equivalente a donna. Femminicidio significa letteralmente uccisione di una femmina, il che è molto lontano dal descrivere l’omicidio di una donna.
Di per sé poi questa parola è del tutto inutile,sia da un punto di vista linguistico sia da una un punto di vista giuridico, dal momento che esiste già un termine, uxoricidio, che esprime esattamente il concetto di un marito che uccide la moglie. L’unico motivo per cui può essere stato coniato un termine così sciatto è che si considera la pubblica opinione fondamentalmente ignorante e incapace, per cui, come erroneamente si fa con i bambini, invece di spiegare la complessità dei fenomeni, si semplificano le parole, tradendo sia i fenomeni, sia le parole.
Come non bastasse, femminicidio rappresenta una contraddizione in termini: coniata per denunciare un fenomeno sociale che si basa sulla discriminazione di genere, trae le sue origini dalla stessa presunzione di differenza di genere.
Dulcis in fundo, si riduce la storia di una persona al suo epilogo, al suo essere vittima, nulla più. Tutta la ricchezza che questa persona ha portato in sé non conta più niente, sepolto non solo dalla violenza del gesto ma della riduzione con cui il gesto viene descritto.
Se si vuole davvero lavorare per ridurre questo fenomeno, il primo passo è tornare a chiamare gli elementi con i loro nomi, cercando di essere il più precisi possibile, perchè la verità delle spiegazioni passa dalla correttezza delle parole. Non ci sono belle parole per esprime un dramma, ma ci sono brutte parole che lo aggravano: femminicidio è una di queste.
Se non si può intervenire direttamente nel ridurre la violenza dei fatti, si può però evitare la violenza delle parole. Mai più femminicidio.

2 commenti:

  1. L'ovvia conseguenza del termine è che bisogna parlare di "maschicidio" qualora la vittima sia un uomo.
    Sono pienamente d'accordo con Te, a volte nella smania di voler superare le differenze si agisce differenziando.
    Antonio Accogli

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  2. Purtroppo, Signor Antonio, io credo che al di là della bruttezza che coverebbe anche nella parola "maschicidio". è mia convinzione che questa non troverebbe lo stesso successo di "femminicidio". Se la nostra cultura condivisa afferma che l'uccisone di una donna per mano del compagno è sbagliata, è altresì vero che ammette implicitamente che questo possa avvenire. L'opposto non sarebbe altrettanto accettato: che una donna uccida un uomo è ammesso, come possibilità, se per legittima difesa, se per gelosia o se per mano di un altro uomo. Il predominio di una donna su un uomo non è culturalmente ammesso. Il concetto di pari opportunità, già locuzione subdola, non ha alcun riscontro, se non dove imposta per legge. forse sarebbe il caso di fare un passo indietro e rispolverare il generico "omicidio" in cui semplicemente un homo (in)sapiens uccide un altro homo sapiens, a prescidere da ogni altra connotazione. Grazie, Chiara

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Dedica

Ad Andrea, certo che 'l trapassar dentro è leggero