Titolo: La Chimera
Genere: Romanzo
Anno di Pubblicazione:,1990
Recensione di: Chiara Bortolin
Nel presente non c’è niente che meriti d’essere raccontato. Il presente è rumore: milioni, miliardi di voci che gridano, tutte insieme in tutte le lingue e cercando di sopraffarsi l’una con l’altra, la parola “io”. Io, io, io… Per cercare le chiavi del presente, e per capirlo, bisogna uscire dal rumore: andare in fondo alla notte, o in fondo al nulla.
Potrei iniziare questo commento in molti modi: potrei dire
che l’Autore è scomparso di recente o che questo libro è uno dei pochi Premi
Strega a mia memoria che valga la pena di essere letto; potrei scrivere che è
un romanzo storico esempio dell’infaticabile lavoro di documentazione per un
Autore serio; potrei anche iniziare, come si dice, ex abrupto, con la trama.
Ma il valore del libro è nel libro e quindi, parto dal libro,
o meglio dal titolo, che del libro è la chiave di lettura: La Chimera. Il titolo racchiude in sé il senso della complessità
dei significati. Nel linguaggio comune, la parola chimera viene utilizzata per indicare un sogno con poca probabilità
di essere raggiunto, non proprio un’illusione, ma un desiderio vagheggiato
seppur perseguito. Nella mitologia la chimera era un mostro: testa di leone,
corpo di capra, coda di drago, dalle sue fauci uscivano terribili fiamme che
incendiavano la vegetazione.
Di primo impatto si potrebbe pensare che ci sia una
contraddizione tra il significato della tradizione classica e il significato
contemporaneo.
Se si legge il romanzo si comprende che non solo non vi è
alcuna contraddizione, ma che anzi nella duplicità del termine si racchiude uno
dei tanti aspetti dell’animo umano.
Tutti i personaggi di questa storia, che solo la penna
straordinaria di Vassalli ha saputo addolcire in romanzo, inseguono una
chimera.
Antonia, la protagonista, anela alla felicità. Dopo
un’infanzia terribile, una preadolescenza migliore, aveva ben il diritto di
sperare in un futuro di libertà e amore.
Il Vescovo Bascapè insegue il suo sogno di un mondo senza
peccato; Biagio, lo scemo del villaggio, vorrebbe solo un po’ d’affetto; Don
Teresio vorrebbe che i suoi parrocchiani pagassero le decime con puntualità e
con senso del dovere; la gente, l’opinione pubblica, la maggioranza vorrebbe
solo poter avere requie, trovare una causa ai propri mali e dunque una
soluzione a essi.
Ogni anelito chiaramente comporta che ogni personaggio si
adoperi attivamente per fare del sogno personale uno scopo, un obiettivo raggiungibile,
una realtà. Quello che disvela l’Autore è che la chimera è un mostro: il sogno
di alcuni può diventare una tragedia per altri. Ma se un sogno diventa un
incubo, verrebbe da chiedersi, forse è il sogno che è sbagliato. L’autore non
si sbilancia: mette tutto lì, nel romanzo, date, nomi, luoghi. Gli storici non
fanno la morale.
Si possono leggere molte interpretazioni di questo libro:
viene definito un romanzo sulla caccia alle streghe, viene definito un libro
sull’Inquisizione, una storia che tratta della superstizione e del pregiudizio,
del fervore religioso e dell’integralismo, della miseria e della crudeltà. Sono
tutti temi presenti, innegabile, e su ciascuno di essi si potrebbero scrivere
pagine e pagine, mai belle quanto l’originale.
Ogni approccio però, se preso singolarmente, rischia di
oscurare il significato primo: la chimera, una volta raggiunta, potrebbe apparire
nella sua veste originale. Il mito della chimera si conclude con la sua
uccisione per mano di un eroe. Nel romanzo di Vassalli, come nella Storia, ci
si deve accontentare degli uomini, che sovente, pur ritenendosi eroi sembrano
assumere essi stessi le vestigia di una chimera.
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