giovedì 16 giugno 2016

Repubblica

Titolo: Repubblica

Autore: Platone

Datazione: IV sec. a. c.

Genere: dialogo filosofico

Commento di: Chiara Bortolin


Questo blog si occupa di recensire libri, con l'intento di divulgare bellezza. Lo spettacolo che le campagne elettorali stanno offrendo mi hanno ricondotto, come spesso accade quando mi coglie lo sconforto, ai fondamenti della bellezza del pensiero. Per questo rinuncio, in questa occasione, al commento di un libro, in favore di un suo estratto., nella speranza di ricordare a chi mi legge, che la politica, sia come elettore sia come amministratore, dovrebbe essere la massima espressione del pensiero e non la volgare manifestazione delle private meschinerie.

Per chi desiderasse approfondire la conoscenza del Testo  in oggetto o della sua storia, sono a disposizione i link evidenziati.

Buona lettura e buona politica a tutti.

LO STATO DEMOCRATICO
X- Dopo di che, sembra, dobbiamo esaminare la democrazia: come nasca e, quando è nata, quale sia il suo carattere, affinché, dopo aver a sua volta conosciuto l'indole dell'uomo democratico, possiamo porgliela accanto e giudicare. - Certo che, rispose, questo modo di procedere sarà coerente con quello che abbiamo seguito finora. 
-Dunque, ripresi, l'oligarchia non si trasforma in democrazia pressappoco così, perché si è insaziabili del bene cui si aspira, che è diventare ricchi più che si può? - Come? [c] - Quelli che governano in essa, credo, governano perché posseggono molto e perciò non vogliono impedire legalmente a tutti i giovani dissoluti di spendere e dilapidare i propri beni. Lo fanno per acquistarne le sostanze, per esercitare l'usura e diventare così ancora più ricchi e onorati. - Sì, a questo tengono più di tutto. - E in uno stato non è evidente ormai che i cittadini non possono pregiare la ricchezza pervenendo nel contempo a un [d] soddisfacente grado di temperanza, ma che si trascura per forza l'una delle due? - E abbastanza evidente, ammise. - Ora, nelle oligarchie i governanti, poiché sono negligenti e permettono una vita dissoluta, talvolta hanno costretto alla povertà uomini non ignobili. - Certo.
- Allora costoro, credo, se ne stanno oziosi nella città, muniti di pungiglioni e di armi: chi è carico di debiti, chi senza diritti civili, chi poi gravato dei due mali. E pieni di odio tramano insidie a chi ha acquistato i loro beni e agli altri, bramosi di una rivoluzione. – E’ così. - Gli [e] uomini d'affari, a testa bassa, fanno finta di non vederli nemmeno; e chi dei rimanenti dà via via segno di cedere, lo feriscono buttandogli denaro e, riportando moltiplicati i frutti di quel padre, moltiplicano nello stato i fuchi e [556 a] i poveracci. - E come non moltiplicarli?, chiese.
-Un simile funesto incendio, feci io, non vogliono estinguerlo né come s'è detto (impedendo a uno di disporre a suo piacere dei propri beni) né in quest'altra maniera che, con un'altra legge, permette di risolvere la questione.
-Quale legge? - Quella che segue all'altra e che obbliga i cittadini a non trascurare la virtù. Se infatti si [b] prescrivesse che la maggior parte dei contratti volontari venisse stipulata a proprio rischio e pericolo, essi farebbero i loro affari nello stato con minore spudoratezza, e meno numerosi vi sorgerebbero quei mali che or ora abbiamo detto. - Certo, disse. - Per tutte le ragioni accennate, ripresi, ai nostri giorni i governanti riducono così nello stato i governati. Se poi parliamo di loro stessi e dei loro figli, non rendono forse i giovani persone [c] voluttuose, schive delle fatiche fisiche e intellettuali, incapaci di sopportare piaceri e dolori, e pigre? - Sicuramente.
- E non rendono se stessi incuranti d'altro che non sia far denari, senza curare la virtù più di quanto la curino i poveri? - Non se ne curano proprio. Supponiamo dunque che, con siffatte disposizioni, i governanti e i sudditi si trovino fianco a fianco nelle marce o in altre azioni comuni, in sacre ambascerie o in spedizioni militari, o siano compagni di navigazione o di milizia; o che, ancora, [d] l'un l'altro osservandosi nel colmo del pericolo, i poveri questa volta non siano affatto sprezzati dai ricchi, ma che spesso un povero, macilento, bruciato dal sole, schierato in battaglia accanto a un ricco allevato nell'ombra e coperto di abbondante carne superflua, lo veda tutto ansante e imbarazzato. Credi che il povero non pensi allora che è la codardia di loro stessi, i poveri, ad arricchire simili persone? e che, quando i poveri s'incontrano separatamente tra loro, non si passino la parola dicendo: "Li abbiamo in [e] mano nostra, perché non valgono nulla"? - Per conto mio, rispose, so bene che fanno così. - Ora, come a un corpo malsano basta risentire un piccolo influsso esterno per cadere ammalato, e talvolta si trova discorde con se stesso anche senza cause esterne, così anche per lo stato che sia nella sua identica condizione, non basta un lieve pretesto (mentre i partiti cercano alleanza all'estero, chi da uno stato oligarchico, chi da uno democratico) per farlo ammalare e contrastare con se stesso? e talvolta non si trova discorde anche senza causeesterne? - [557 a] Sì, e molto. - Ora, credo, la democrazia nasce quando i poveri, dopo aver riportata la vittoria, ammazzano alcuni avversari, altri ne cacciano in esilio e dividono con i rimanenti, a condizioni di parità, il governo e le cariche pubbliche, e queste vi sono determinate per lo più col sorteggio. - Sì, disse, così s'instaura la democrazia, sorga essa per
via di armi o della paura che fa recedere l'altro partito.
XI.- Ebbene, disse, in che modo si amministrano questi uomini [b]? E poi, quale è il carattere di una simile costituzione? Un tale uomo, è chiaro, si manifesterà un democratico. - È chiaro, rispose. - Ora, in primo luogo, non sono liberi? e lo stato non diventa libero e non vi regna libertà di parola? e non v'è licenza di fare ciò che si vuole? - Sì, rispose, almeno lo si dice. - Ma dove c'è questa licenza, è chiaro che ciascuno può organizzarvisi un suo particolare modo di vita, quello che a ciascuno più piace. - È chiaro. - È soprattutto in [c] questa costituzione, a mio avviso, che si troveranno uomini d'ogni specie. - E come no? - Forse, ripresi, tra le varie costituzioni questa è la più bella. Come un variopinto mantello ricamato a fiori di ogni sorta, così anche questa, che è un vero mosaico di caratteri, potrà apparire bellissima. E bellissima, continuai, saranno forse molti a giudicarla, simili ai bambini e alle donne che contemplano gli oggetti di vario colore. - Certamente, [d] ammise. - E poi, benedetto amico, feci io, v'è una certa convenienza a ricercarvi una costituzione. - Perché? - Perché, per la licenza che le è propria, presenta ogni genere di costituzioni. Chi, come facevamo or ora noi, vuole organizzare uno stato, forse è costretto a recarsi in uno stato democratico per sceglierne, come andasse a una fiera di costituzioni, il tipo che gli piace; e quando l'ha scelto così, può fondare il suo stato. - Sì, rispose, (e] probabilmente non gli mancherebbero modelli.
- Ma, continuai, non aver alcun obbligo di governare in questo stato, nemmeno se ne sei idoneo, né di essere governato, se non lo vuoi, né di fare guerra quando la fanno gli altri, né di mantenere la pace quando la mantengono gli altri, se non ne hai voglia; e ancora, se una data legge ti vieta di stare al governo o di sedere in tribunale, poter ciononostante governare e giudicare se te ne viene l'estro, tutto [558 a] questo modo di vivere, di primo acchito, non è prodigioso e dolce? - A prima vista forse sì, rispose. - E non è carina la mitezza di certe sentenze giudiziarie? Non hai ancora veduto uomini che tale regime ha colpiti di sentenza di morte o di esilio, cionondimeno restare e girare tra la gente ? e ciascuno va attorno come un eroe quasi che nessuno se ne curasse né lo scorgesse? Ne ho veduti molti, sì, rispose. Veniamo all'indulgenza [b] e all'assoluta mancanza di meticolosità che le sono proprie, anzi al disprezzo dei principi che noi esponevamo con tanto rispetto quando fondavamo lo stato. Dicevamo che se uno non ha una natura straordinaria, non potrà mai diventare un onesto uomo, a meno che fin da bambino non si diverta con giochi belli o non attenda a ogni cosa simile. Ora, con quanta alterigia la democrazia calpesta tutto questo, senza curare quali studi uno segua per prepararsi all'attività politica; anzi lo onora non appena [c] affermi di essere ben disposto verso la massa popolare! -Regime indubbiamente nobile!, disse. - Ecco dunque, continuai, quali saranno le caratteristiche della democrazia, con altre a loro affini. A quanto sembra, sarà una costituzione piacevole, anarchica e varia, dispensatrice di uguaglianza indifferentemente a uguali e ineguali - Quelle che dici, rispose, sono cose ben note. 

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Dedica

Ad Andrea, certo che 'l trapassar dentro è leggero