giovedì 2 giugno 2016

Suo Marito


Titolo: Suo Marito

Autore: Luigi Pirandello

Anno di Pubblicazione: 1911

Genere: Romanzo

Recensione di: Chiara Bortolin


Da quindici giorni Attilio Raceni, direttore della rivista femminile Le Grazie scontava con infinite nome, arrabbiature e dispiaceri d’ogni genere una sua gentile idea: quella di salutare con un banchetto la giovane e già illustre scrittrice Silvia Roncella, venuta da poco tempo con marito a stabilirsi da Taranto a Roma.

Se per caso, mettendo a posto la libreria di famiglia o svuotando la soffitta del bisnonno, ti capitasse per le mani un’edizione 1911 di questi romanzo, tienilo da conto, anche se sgualcito, perché sarebbe un vero tesoro. 

Il fatto che il titolo non ti sia familiare non deve trarti in inganno. Di fronte all’immensa produzione pirandelliana, di fronte all’eccezionalità della qualità di un Il Fu Mattia Pascal o un Uno Nessuno Centomila, è naturale che questo romanzo sia messo in secondo piano nel percorso scolastico ordinario. Questo senza dimenticare che la penna è la medesima, gli argomenti trattati sempre profondi e la sua storia editoriale assai curiosa. 

Suo Marito è già un titolo interessante, perché annuncia in due parole sia i personaggi principali, un uomo e una donna, sia il tema portante ovvero che il loro rapporto priva entrambi di una propria identità. La protagonista si chiama Silvia Roncella e viene introdotta inizialmente solo come riflesso, ovvero attraverso le parole e le azioni del marito, Giustino Boggiolo. Silvia è una scrittrice, giovane e spontanea, che ottiene un inatteso successo. Giustino è un piccolo impiegato, che coglie immediatamente il potenziale economico e sociale dell’attività della moglie e si impegna in un’intensa attività manageriale.

Questa situazione offre a Pirandello la possibilità di indagare molti temi a lui cari. Il primo, ovviamente, è quello dell’identità: Silvia da ingenua scrittrice, diventa una professionista del mestiere, proprio come vorrebbe il marito, diventando però un’altra persona e allontanandosi dalla sua vita precedente; il marito, dal canto suo, prima perde il riconoscimento sociale, perché tutti lo dileggiano per il successo della moglie, poi perde il suo lavoro, infine, perde anche i suoi ruoli di marito e di padre. Entrambi i protagonisti perdono la loro identità, inseriti in un contesto in cui gli altri modificano senza migliorare.

Il secondo tema è il complesso rapporto uomo donna e, dal momento che Pirandello è Pirandello, questo aspetto presenta tante prospettive diverse: dalla difficoltà di essere se stessi nel rapporto, alla difficoltà di avere un’identità di coppia; dalle aspettative sociali rurali, a quelle urbane e mondane della capitale; dai valori tradizionali che vogliono una donna rinchiusa tra le pareti domestiche con un marito buon padre di famiglia, alla decadenza morale dell’assenza di ruoli definiti.

Se vorrai leggere questo bellissimo romanzo, avrai dunque la possibilità di riflettere su temi ancora oggi attuali, con il garbo che riserva questo eccezionale Scrittore di provar sempre compassione per la miseria umana e di preferire, nel descriverla, l’ironia allo stigma. La lettura si presenta scorrevole e intrigante, a tratti persine divertente, con quelle pennellate di poesia che appaiono più come una carezza consolatoria che come uno schiaffo moralizzatore.

L’edizione attualmente in vendita non è l’originale, ma una revisione che ne fece il figlio Stefano, si auspica in accordo con i voleri paterni, quando diede nuovamente il libro alle stampe nel 1973. Questa è un’altra storia, che il romanzo reca con sé, assai bizzarra. Pirandello aveva pubblicato il romanzo a Roma, dove si era trasferito da poco, in un clima culturale effervescente che annoverava tra i suoi protagonisti altre eccellenze della Letteratura, come D’Annunzio, Carducci e Boito. 

Il romanzo venne accolto con favore, naturalmente, ma ben presto divenne anche oggetto di pettegolezzi e di malignità, non già rivolte all’Autore, ma alla giovane Deledda, che, in ascesa nella carriera letteraria, s’era trasferita a Roma e che, alle malelingue dei salotti, pareva assomigliare molto alla protagonista del romanzo. Nonostante Pirandello avesse più volte rifiutato ogni accostamento, la Deledda si risentì moltissimo, che oltre e non condividere il genio evidentemente non non condivideva nemmeno l’ironia dell’illustre collega: tanto fece e tanto disse, che Pirandello, da signore, qual era, fece ritirare il libro dal mercato.


Che l’Autore tenesse al suo romanzo è provato dal fatto che continuò, negli anni successivi, a correggerlo e a migliorarlo. Si deve essere grati al figlio che lo restituì alle stampe, a sessant’anni di distanza, offrendo a tutti la possibilità di godere di questo delizioso scritto, di cui non solo la Deledda non era protagonista, ma nemmeno avrebbe meritato di esserlo.

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Dedica

Ad Andrea, certo che 'l trapassar dentro è leggero