Autore: Herman Melville
Anno di pubblicazione: 1851
Genere: Romanzo
Recensione di: Chiara Bortolin
Gli uomini possono apparire detestabili come società per azioni e come popoli; furfanti possono essere, sciocchi e assassini; gli uomini possono avere volti ignobili e insignificanti; l'uomo ideale tuttavia è una creatura tanto nobile e splendente, tanto grandiosa e luminosa che sopra ogni sua macchia ignominiosa tutti i suoi compagni dovrebbero affrettarsi a gettare i loro manti più preziosi.
Come spesso accade alle grandi
opere dell’ingegno, che riescono a leggere i propri tempi e ad anticipare i
tempi futuri, quando Moby Dick venne
pubblicato fu un vero fiasco editoriale: alla morte dell’Autore, a quarant’anni
di distanza, ne erano state vendute forse tremila copie, poche anche per
l’epoca.
Il romanzo venne poi
riscoperto da uno studioso americano negli anni Venti del ‘900 e, a tempi
evidentemente maturi, la riedizione ebbe un successo straordinario, tanto che
oggi è considerato un classico a tutti gli effetti.
Ora, affinché un libro diventi
un classico è certamente
indispensabile una sedimentazione temporale, i classici contemporanei sono
quasi ossimorici, ma altri due sono elementi fondamentali: la molteplicità
delle tematiche e un’intrinseca attualità.
La trama del romanzo è
piuttosto semplice: Ismael, sopravvissuto all’affondamento della baleniera
Pequod, narra la sua sfortunata avventura attraverso i mari alla caccia, non
già di balene, come credeva al momento dell’ingaggio, ma di una specifica
balena, Moby Dick, per volontà del Capitano Achab.
I temi trattati nel romanzo
sono molti e stratificati. Per esempio: il tema del viaggio, che è una
descrizione storico-geografica affascinante, è avventura di uomini coraggiosi,
ma è anche metafora della ricerca di se stessi. Si può leggere del rapporto tra
uomo e natura, di come l’uomo cerchi, attraverso la tecnologia, di domare la
natura, di come la sfida per i mari modifichi l’animo umano.
Nella vulgata, i temi più noti
sono legati al rapporto tra Achab e Moby Dick: l’ossessione che il Capitano
sviluppa verso il capodoglio, la lotta titanica tra l’uomo e un gigante della
natura, la metafora della lotta del Bene contro il Male. E qui sta la vera
attualità della narrazione, il motivo per cui ancora oggi vale la pena di
leggere questo appassionato romanzo.
Il cervello umano lavora con
metodo euristico, apprende per semplificazione: si apprendono nozioni e
informazioni per schemi e più gli schemi sono semplici, più facilmente si
apprende. Lo schema bene-male è apparentemente semplice. Nella lotta tra Achab
e Moby Dick, si è istintivamente portati a tifare per Achab. Perché è un uomo
che sfida la natura, perché è un animo solitario contro una natura immensa,
perché la sfida è di per se stessa eroica.
E tuttavia, questo schema così
semplice, alla lettura del romanzo, pian piano si sgretola. Se è vero che non
si riesce a essere fin da subito dalla parte di Moby Dick, non si riesce
nemmeno a stare dalla parte della missione di Achab. Lo schema bene – male
salta e costringere a riformulare la domanda profonda, la domanda per
antonomasia.
Se si astrae la trama, quel
che resta è un Capitano che guida una nave attraverso gli oceani, sacrificando
i suoi uomini per uno scopo personale, persuadendo il suo equipaggio che la sua
battaglia sia la loro battaglia, che esiste un Male assoluto contro cui
combattere e per cui il sacrificio individuale è inferiore al Bene supremo
della vittoria.
Povero, Malville! La società
puritana ottocentesca americana non era pronta per tutto questo. Ma povere
anche le generazioni successive, che hanno seguito Achab in terrifanti battaglie che di epico avevano solo il numero di cadaveri; e povere le
generazioni successive alle successive, che ancora si ostinano a imbarcarsi su
navi guidate da Achab che li sacrificheranno per i propri scopi.
Moby
Dick
è la biografia di un superstite a una crociata personale: tutti i suoi compagni
sono vittime dell’affondamento della nave e Achab scompare tra il flutti,
trascinato in fondo al mare dalla balena. Che poi questa balena fosse davvero
il Male assoluto contro cui combattere, nel romanzo come nella vita reale,
resta un dubbio, che forse sarebbe meglio tenere a mente.
nfatti, quale che sia la superiorità intellettuale di un uomo, essa non potrà arrogarsi mai sugli altri una supremazia pratica ed efficace senza l'ausilio di un qualche esterno artificio, di una qualche esterna prevaricazione, sempre, in sé, più o meno ignobili e abbietti.
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