Il conformismo. Anna Karenina è un romanzo sul conformismo. Il conformismo per cui si nasce in un certo ambiente, che offre determinate opportunità, impone dei limiti e indica la via. Verso dove? Verso la conservazione della struttura sociale. Un perpetrarsi di usi, di costumi, di tradizioni, di modi di vivere e di pensare.
Molti, la maggioranza, in ogni epoca, in ogni società, si
adeguano. Anzi, non mettono neanche in discussione l’adesione al programma. La
maggioranza, la stessa che detta le regole e ne garantisce il mantenimento, non
si fa domande. Si è sempre fatto così. Punto.
Una piccola minoranza ha dei dubbi. Perché il conformismo
garantisce l’accettazione sociale, non la felicità. Il conformismo dice chi
devi essere, non chi puoi essere. Il conformismo offre un ruolo, non un’identità.
Di questa minoranza titubante, una maggioranza decide di
risolversi il dubbio e lascia perdere. Arriva alla stessa conclusione di chi il
dubbio non se l’è neanche posto: si è sempre fatto così.
Ma qualcuno, qualcuno non ci sta. Non sono gli
anti-conformisti, che creano un conformismo alternativo, no, sono singoli
individui. Anna. Anna, che in quel conformismo si sente soffocare, trova
nell’amore la forza per rompere gli schemi.
E qui nasce il dramma, la vera tragedia di Anna, di ogni Anna
che tenta di rompere gli schemi. La vera tragedia è che Anna, dopo aver
rinunciato a un conformismo che conosce, finisce in un nuovo conformismo, in
nuove regole, nuove abitudini, nuove convenzioni, che le sono estranee. C’è uno scollamento tra ciò che lei vorrebbe e ciò che si
trova a vivere. E questa frattura tra il desiderio, pagato così a caro prezzo,
e la realtà è annichilente.
Impossibile tornare indietro. Insopportabile andare avanti.
Incapace di adeguarsi nuovamente, perché non può accettare di nuovo, arrendersi
di nuovo, mette fine a ogni dubbio. Anna non si uccide per amore, questa è una interpretazione
conformista, che non rende giustizia al genio di Tolstoj. E non rende giustizia
a ogni Anna che in ogni tempo e in ogni storia ha avuto il coraggio di tentare
di essere se stesso.
Che essere se stessi renda felici o meno è ancora un altro
discorso. Certamente è una scelta a priori: tentare di essere felici a modo
proprio o accettare di essere infelici in modo altrui. Scriverà quasi un secolo dopo J. L. Celine: “E’ forse questo che si cerca nella vita,
nient’altro che questo, la più gran pena possibile per diventare se stessi prima di morire”.
Dopo aver rinunciato alla felicità, l’unico orgoglio non è
forse essere infelice a modo proprio?
(questa recensione è dedicata a Emanuela, che forse un giorno leggerà Anna Karenina)
Nessun commento:
Posta un commento