Autore: Leonardo Sciascia
Anno di Pubblicazione: 1961
Genere: Romanzo
Recensione di Chiara Bortolin
Per non essere un’anatra
Ci sono due tipi di sistemi: quelli che funzionano e
quelli che non funzionano. Quelli che non funzionano cessano di esistere.
Quelli che funzionano si evolvono. Affinché l’evoluzione si compia è necessario
che coloro che amministrano il sistema siano capaci.
La mafia è un sistema guidato da persone capaci.
Questo è un dato di fatto. Altro dato di fatto è che, per dirla a là KurtGödel, in ogni sistema esiste almeno una verità che pur essendo tale non può
essere dimostrata nell’ambito del sistema medesimo. La mafia esiste perché è
anche collocata in un secondo sistema e questo sistema si chiama Stato e
siccome lo Stato è fatto da cittadini, non ci va un sofista per capire che la
mafia esiste perché trova consenso.
Quando ho letto per la prima volta Il Giorno della
Civetta sono stata assalita da un profondo senso di straniamento. Il
romanzo narra le vicende di un Capitano dei Carabinieri, di origine emiliana,
trasferito in Sicilia, a cui viene affidata l’indagine relativa a un omicidio.
Gli episodi che succedono mostrano il funzionamento di questo sistema
efficiente che è la mafia.
L’intreccio è indubbiamente affascinante, devi anzi
dosare la lettura, non cedere alla tentazione di far scivolare troppo
velocemente le righe, per non perdere le parole. Le parole pesano come piombo
in questo romanzo, perché il loro significato è incerto nell’ambiguità di chi
le pronuncia. Il significato non è mai univoco, ma sfuggente come la verità che
celano.
I personaggi non hanno nulla di fantasioso, anzi sono
mutuati dalla una realtà: questi non sono personaggi di fantasia, sono persone
che avrebbero potuto esistere, che forse sono esistite, di cui possiamo
addirittura immaginare un volto.
La paura gli
stava dentro come un cane arrabbiato: guaiva, ansava, sbavava, improvvisamente
urlava nel suo sonno; e mordeva, dentro mordeva, nel fegato nel cuore. Di quei
morsi al fegato che continuamente bruciavano e dell'improvviso doloroso guizzo
del cuore, come di un coniglio vivo in bocca al cane.
La mafia di cui narra Sciascia, che è la mafia vera,
quella che esiste, ha tanti volti: è la mafia che uccide, chiaro, la mafia che
decide, ma è anche e soprattutto un’altra mafia, quella della cosiddetta società
civile.
La mafia del romanzo è la mafia di chi non ricorda, di
chi è sempre altrove, di chi vive nello strabismo del prendere dove si può.
Questa mafia non necessita di violenza: si apprende e si interiorizza, come
qualunque altra regola sociale. Questa, da un punto di vista antropologico, è
una cultura.
A vivere così si impara a casa, a scuola, per strada.
Se cresci con questa filosofia di vita, non c’è nessun bisogno della violenza.
La violenza è per quelli che non ci stanno.
E nel romanzo si capisce chiaramente anche un altro
fatto: che anche la violenza ha tanti volti. La violenza non è solo l’omicidio,
l’estorsione, l’intimidazione. La violenza è isolamento, denigrazione,
solitudine, compromissione. La violenza è la diffidenza, il dubbio osceno della
maldicenza, l’omissione colpevole.
L’avevano capita, forse prima, certamente bene, anche
Falcone e Borsellino la lezione: loro che hanno vissuto da morti e che da morti
hanno il privilegio inutile di essere eroi. C’è un sistema Stato e un sistema
Mafia: vince quello che ha più consenso.
Non a caso scrivo di questo libro di Sciascia proprio
prima della ricorrenza dell’omicidio di Borsellino e della scorta. Per via di
quello sgradevole incidente, credo si dica così, della locuzione professionisti dell’antimafia, uscita su un articolo a firma di Sciascia e che scatenò
infinite polemiche.
Sono state dette tante verità diverse circa
quell’episodio, io non so quale sia la
verità e francamente non mi interessa nemmeno, sono però convinta che da ogni
spaccatura del sistema Antimafia il sistema Mafia tragga vantaggio.
L’intelligenza dell’uomo di pensiero spinge al dubbio,
l’intelligenza dell’uomo d’affari spinge al vantaggio e siccome la mafia è, in
prima battuta, un sistema economico, dalle speculazioni trae vantaggio.
Sciascia ci mostra la società siciliana, italiana, per
quello che è, con tutte le sue sfumature. Chiuso il libro, non puoi più
guardare il mondo, il sistema, come lo guardavi prima, ma soprattutto, non puoi
più guardare te stesso, il tuo sistema, come lo guardavi prima. E se, chiuso il
libro, non ti sei fatto la domanda, per capire che uomo sei, la risposta può
essere una sola.
Ho una certa
pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a
dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli
uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e
i quaquaraquà... Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei
l’umanità si fermasse ai mezz’uomini... E invece no, scende ancora più giù,
agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che
fanno le stesse mosse dei grandi... E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno
diventando un esercito... E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le
anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione
di quella delle anatre.
un vero capolavoro,ho letto il libro 3 volte e visto il film almeno una quindicina,uno dei rari casi in cui i film si avvicinano ai rispettivi libri di provenienza e ancora oggi rabbrividisco al pensare che la situazione per alcuni aspetti(per fortuna non tutti)e' peggiorata nonostante tante cose siano cambiate e tanta gente abbia alzato la testa.
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