sabato 15 ottobre 2016

No, Nobel, No Cry

  • Boia d’un boia! Questo non ha mai scritto niente!
  • Come non ha mai scritto niente?
  • Niente di niente, ti dico! 
  • Boia d’un cane! ma, dico, un romanzetto? una raccolta di poesie alla mamma? un ricettario di cucina tibetana?
  • Niente! Manco una lettera a un giornale!
  • Porca trombetta! E come glielo diamo il Nobel per la letteratura?
  • Di’, Svedy, e se tornassimo a dare il Nobel per la letteratura a chi fa letteratura?
  • Unstrunz, ti prego! Vuoi sollevare uno scandalo? Dare il nobel per la letteratura a chi fa letteratura! Ti ha dato di volta il cervello?!

Che il Nobel per la letteratura non si occupi, se non incidentalmente, di letteratura è ormai un sospetto fugato. Lo si deve ammettere, a malincuore, perché davanti a un Pirandello, a un Ungaretti, a un Montale, ci  si inchina.
E bisogna anche riconoscere che le carte sono state ben mischiate, un po’ di soddisfazione a chi al Nobel crede è stata data, anche negli ultimi decenni. Kertez, Gordimer, Mahfuz… delle ragioni diverse della letteratura di potevano anche intravedere, ma si lasciava correre, si perdonava. C’era la letteratura e tanto bastava. 
Altri nomi lasciavano perplessi: Coerzee, Kenzaburo, Aleksievic… romanzi discreti, non da commuoversi, non eccellenze, ma, il Nobel premia un titolo per l’intera carriera letteraria, bisognerebbe conoscere meglio prima di giudicare. Si la riserva, per prudenza.
Di altri proprio la ratio era oscura e il sospetto riaffiorava: ogni nuova assegnazione metteva in allerta. Con l’assegnazione a Bob Dylan ogni dubbio è stato risolto. 
Si prende atto che il premio Nobel per la letteratura è diventato un premio politico e che, a seconda della causa da perorare, e non della penna da eleggere, si sceglie un papabile. E siccome di cause da perorare, di scuse da profondere, da perdoni da chiedere e faccende da chiudere ce ne sono molti, il panorama delle prossime buone cause è ampio.
Da umanista la faccenda non mi rassicura affatto: toppi sono gli esempi nella storia degli scempi fatti alla cultura quando a decidere è stata una buona causa da perorare. E che non si sollevi l’obiezione dei mecenati rinascimentali: loro esaltavano il proprio potere attraverso l’eccellenza dell’ingegno, operazione molto diversa, dal definire eccellenza il medio per ottundere il piccolo.
Non resta che confidare nell’ovvio: che il genio preservi la propria eccellenza nel mantenersi libero, come Sartre, che il Nobel lo rifiutò, per non farsi istituzionalizzare. Potrebbe rifiutarlo anche Dylan, che pare non essersi reso reperibile. Oppure si potrebbe sperare che i desiderata politici incontrino qualche eccezione letteraria e che, di tanto in tanto, ci regalino ancora la possibilità che il potere premi il migliore e non il più utile.
E infine resta la certezza consolatoria che il genio non necessita dei riconoscimenti per esprimersi. Ci saranno sempre dei Pasolini, dei De Andrè, dei Celine che semplicemente fanno quello che sanno fare: scrivere. 

Con o senza Nobel.

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Dedica

Ad Andrea, certo che 'l trapassar dentro è leggero